Il decreto legge approvato dal Governo per consentire il pagamento di stipendi arretrati dei supplenti temporanei ha qualcosa di strano. Ne capiremo di più quando il provvedimento verrà trasmesso al Parlamento, ma per intanto alcune osservazioni sono d’obbligo.
Intanto va detto che – a memoria di chi scrive – è la prima volta, almeno negli ultimi anni, che il Governo ricorre ad un decreto legge per affrontare un problema che si ripresenta costantemente nel mese di dicembre.
In passato la copertura era stata trovata con decreti ministeriali adottati, al massimo, d’intesa con il MEF. Questa volta, no. La spiegazione più semplice che possiamo fornire ora è che in passato la copertura era stata trovata all’interno di risorse già stanziate in qualche modo a bilancio: si è fatto ricorso ai fondi della legge 440, a quelli destinati all’aggiornamento, ai fondi per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole e così via. Se questa volta è stato necessario ricorrere ad un decreto legge è forse perchè nelle casse del Miur non c’è più un euro e quindi bisogna attingere ad altre risorse.
Ma la vicenda fa tornare d’attualità la vecchia questione dei residui attivi delle scuole. Raccontiamola nuovamente per chi non la conoscesse. Anche quando le supplenze venivano pagate direttamente dalle scuole con fondi accreditati dal Miur capitava che arrivati a settembre-ottobre le casse delle scuole erano vuote. Le scuole facevano richiesta di nuovi fondi e intanto – se per qualche ragion avevano disponibilità di cassa – pagavano i supplenti utilizzando risorse di provenenienza diversa, contando sul fatto che il Miur avrebbe inviato i fondi necessari.
Ma purtroppo le cose, in molti casi, sono andate diversamente; da viale Trastevere hanno detto alle scuole: “Se avete pagato significa che i soldi li avevate, quindi non dobbiamo restituire un bel nulla!”
Un po’ di scuole fortunate hanno ricevuto almeno una parte di quanto anticipato; per molte altre, nulla. A tutt’oggi lo Stato deve restituire alle scuole non meno di un miliardo di euro. Ma ormai la storia si trascina da troppo tempo ed è molto probabile che “chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto”.
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