Home Didattica Pagano 100 euro per l’alternanza

Pagano 100 euro per l’alternanza

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Ad Avellino al classico Colletta, gli studenti di quattro classi (una terza e tre quarte), che dovevano seguire un approfondimento pratico sul ciclo dell’acqua tramite una convenzione con l’Università di Napoli e degli acquedotti di Napoli e della Puglia, hanno avuto l’amara sorpresa di scoprire che per le due giornate di alternanza dovranno sborsare dieci euro alla volta per pagare il trasporto da Avellino a Napoli.

«Le uscite previste sono una decina: il costo totale salirà ad almeno cento euro a testa», dice la coordinatrice dell’Unione degli Studenti.  «Sono mesi ormai che ci arrivano costanti denunce di studenti a cui viene chiesto di pagare per poter accedere ai percorsi di alternanza – sostiene -. Crediamo nel valore formativo dell’alternanza scuola-lavoro ma abbiamo visto come in questo anno e mezzo i problemi sono stati tanti e di varia natura: dallo sfruttamento vero e proprio degli studenti alla totale inadeguatezza delle esperienze formative».

 

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La preside, come riporta Il Corriere della Sera che divulga la notizia, è invece amareggiata: «Non è vero che gli studenti devono pagare per fare l’alternanza. Ma ad Avellino non c’è un’università e se dobbiamo raggiungerne una bisogna pagare il mezzo di trasporto. Quando nei consigli d’istituto e negli incontri con i genitori sono stati approvati progetti da fare nei laboratori di ricerca non potevano che guardare a Napoli, Benevento, Salerno. Sono anche venuti in classe da noi dei ricercatori, ma la parte “on the job”, quella che valorizza il percorso va fatta dove ci sono le strutture e dove i ragazzi possono fare esperienze di qualità».

“Ho detto ai ragazzi che se non erano d’accordo avremmo trovato un altro interlocutore. Si possono ridurre le ore di laboratorio. E ho assicurato loro che se avanzeranno dei fondi in bilancio rimborseremo parte delle quote versate. Con i soldi che la scuola ha in cassa abbiamo già comperato i camici usa e getta che i ragazzi dovranno indossare”.

«È il principio a essere sbagliato: dover tirar fuori dei soldi rende le esperienze inaccessibili per chi non han possibilità economiche e deresponsabilizza lo Stato dagli investimenti in istruzione. I rimborsi –dicono i ragazzi- poi saranno solo eventuali e solo per i redditi più bassi».