Non cessa la polemica sugli studenti picchiati dalla polizia durante i cortei pro-Palestina di Pisa e Firenze, ma ha avuto scarsa risonanza mediatica il sacrificio estremo di un giovane soldato americano che per la stessa causa si è dato fuoco davanti all’ambasciata israeliana di Washington.
Aaron Bushnell, di 25 anni, era un soldato dell’aeronautica Usa. Indossando la sua divisa di militare, si è immolato pubblicamente il 25 febbraio al grido “Free Palestine”. Prima del tragico epilogo aveva dichiarato la motivazione del suo gesto: “Non sarò più complice del genocidio. Sto per intraprendere un atto di protesta estremo. Ma, rispetto a quello che le persone vivono in Palestina per mano dei loro colonizzatori, non è affatto estremo. Questo è quello che la nostra classe dirigente ha deciso sarà normale”.
Quasi tutti i giornali hanno dato la notizia in poche righe. Non si sa quanti degli studenti che manifestano nelle piazze italiane contro il massacro di Gaza ne siano a conoscenza. Per questo vale la pena di farne almeno una menzione, riportando qualcuno dei pochi commenti un po’ più articolati che si trovano sulla stampa on line.
Aaron, scrive Il Manifesto, “ha portato a termine un gesto così eclatante e fuori da ogni codice amico/nemico che subito si cerca di silenziarlo o ridimensionarlo a fattore psichico – certo, volere la Palestina libera è cosa da pazzi”.
Non è la prima volta che accade. La storia di auto immolazioni contro la guerra è molto lunga. Sempre negli Usa, un caso analogo era successo ad Atlanta davanti al consolato di Israele a dicembre 2023. Un altro giovane americano si era dato fuoco nel 1991 contro la guerra in Iraq.
Episodi che ne ricordano altri, dai monaci buddisti di Saigon a fine anni Sessanta contro la guerra Usa in Vietnam, al giovane patriota cecoslovacco Jan Palach che si sacrificò per protestare contro l’occupazione sovietica.
“Aaron con il suo coraggio estremo manda un messaggio diretto all’Amministrazione Biden che mette il veto all’Onu per un cessate i fuoco; che nega l’evidenza del «plausibile genocidio» con cui la Corte dell’Aja manda alla sbarra Israele come imputato; che dissimula perfino la verità sui territori occupati palestinesi; che sospende gli aiuti all’Unrwa-Onu l’unico organismo che soccorre i palestinesi da 75 anni; e che, con il codazzo servile anche dell’Italia, avvia una nuova guerra, in Yemen, senza vedere che quel conflitto nasce per reazione alla strage in corso a Gaza. Dovrebbe finire quella non accenderne un’altra.”
Il sacrificio compiuto da Aaron “ci deve spingere ad una riflessione. Da un lato, ci costringe ad aprire bene gli occhi, obbligandoci ad essere testimoni di una morte orribile, ma non meno di quelle migliaia di morti di piccoli innocenti palestinesi, le vere vittime sacrificali di questa aggressione; dall’altro, ci impone una presa di posizione” (Il Primato Nazionale).
“Un gesto che esprime la rabbia e la frustrazione di milioni di persone” è il sentito commento di Oliver Brotherton (marxist.com) ripreso da vari siti. Il messaggio di Aaron al mondo “mostrava anche la necessità disperata e impellente di fare qualcosa di fronte a tutta questa ingiustizia”. “Le grida di Bushnell “Palestina libera” riecheggeranno a lungo dopo la sua morte. Ciò che serve è proprio una rivoluzione vulcanica, che incanali la giusta rabbia di milioni di persone che si oppongono all’ oppressione senza fine generata dal capitalismo e dall’imperialismo in patria e all’estero”.
L’immagine del giovane che per protesta estrema si dà fuoco ha fatto scalpore nel mondo arabo, ha suscitato emozione nei social americani, ma è passata come notizia di secondo ordine in Italia e sembra destinata ad un rapido oblio.
In un mondo dove la gente, tutta presa dalla propria routine quotidiana, resta indifferente rispetto agli orrori di una guerra che apparentemente non ci tocca da vicino (ma cha ha già causato quasi 30mila vittime), il gesto di Aaron Bushnell deve spingerci a una riflessione/reazione, magari anche nelle scuole, che ci scuota dalla passività.