Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ospite di “Live In Courmayeur” organizzato da Sky Tg24, rispondendo alla domanda relativa al vaccino contro il covid per i bimbi ancora più piccoli, da 0 a 5 anni, ha risposto: “Le due aziende principali, Pfizer e Moderna, stanno facendo la sperimentazione nei più piccini, credo sarà questione di qualche mese. E’ verosimile avere i primi dati entro Pasqua, forse l’agenzia statunitense Fda potrebbe esprimersi, ma non sono un divinatore”.
“Dobbiamo attendere gli studi valutativi. In Italia l’incidenza nella popolazione da zero a 11 anni è di 300 casi per 100mila abitanti alla settimana, l’incidenza più alta dell’infezione. Ed è alta anche fra zero e 3 anni, poco meno dell’1% dei bambini oggi si ricovera. Prima non era così. La variante Delta è molto più contagiosa e infettiva. Prima i bambini non si infettavano, non si ammalavano, non morivano. Oggi non è più così, succede anche tra 0 e 3 anni”.
Per quanto riguarda invece la somministrazione del vaccino ai bambini della fascia 5-11 anni, ha precisato: “Negli Stati Uniti contro il covid sono stati vaccinati 4 milioni e 300mila bambini, una platea superiore a quella dei bimbi che potenzialmente dovrebbero essere vaccinati dai 5 agli 11 anni in Italia. La società scientifica statunitense di pediatria non ha segnalato nessun caso di reazione avversa grave in questi bambini”.
“Tremila bambini”, su cui è stato sperimentato il vaccino per Covid-19 negli studi, “sono più di quanti sono stati testati per il vaccino per la pertosse. E se consideriamo gli studi di fase 3 sono molto di più in proporzione rispetto a tutti gli adulti over 18 testati”, aggiunge Palù, ricordando che la dose pediatrica è un terzo di quella somministrata agli altri. Per il presidente di Aifa, “è poco etico aspettare di vedere quello che succederà negli Stati Uniti, non possiamo pensare che medici e scienziati abbiano autorizzato correndo dei rischi”.
“Sars-Cov-2 è il primo coronavirus che diventa pandemico nella storia della medicina. E’ un virus che corre velocemente, più velocemente della scienza. E’ giusto che siano le esigenze di sanità pubblica, che a loro volta implicano decisioni politiche e non meramente scientifiche, a precedere la scienza. Non possiamo aspettare la scienza, corriamo troppo il rischio che si verifichi qualcosa che non vogliamo e allora è giusto utilizzare il criterio della massima precauzione. Non è etico dire ‘aspettiamo e vediamo cosa succede negli Stati Uniti”.
Intanto gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità mostrano che per un non vaccinato il rischio, rispetto a un vaccinato da meno di 5 mesi, è 10 volte maggiore di ricovero, 16 volte maggiore di terapia intensiva, 9 volte maggiore di morte. Dopo 5 mesi dal vaccino, la copertura dalla malattia scende al 44%, ma quella dal rischio di malattia severa è del 93% a meno di 5 mesi.
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