La ripresa delle lezioni appare ostacolata da dubbi rancorosi e da affastellati distinguo a causa di uno sparuto manipolo di docenti che dichiara la propria contrarietà alle scelte sanitarie governative. Promossi dai mass media, i pochissimi contro il vaccino e i pochi avversi al green pass assurgono a rappresentazione dell’intera categoria, benché oltre il 90% degli insegnanti sia stato vaccinato.
I docenti che recentemente con una raccolta di firme (spicca quella di Barbero) si sono posti in alternativa alle decisioni del governo hanno prestato il fianco a facili fraintendimenti: la loro opposizione è figlia dei timori espressi già all’alba della pandemia da Agamben (il presagio di una dittatura sanitaria)? Oppure si attestano su una posizione filopartitica? Le sottili sfumature che ognuno dei firmatari avrebbe voluto comunicare sono rimaste inespresse e si sono risolte nella banale opposizione a qualsivoglia obbligo di legge, ritrovandosi accomunate dall’etichetta no-vax.
Forse, in ossequio al dettato costituzionale che definisce libera la scienza e il suo insegnamento (art. 33), i docenti avrebbero tutto il diritto di opporsi a qualsivoglia imposizione culturale, a segnalare i limiti di ogni forma di sapere, a demistificare le distorsioni biopolitiche a cui la pandemia può dare la stura; ma attenzione: la scelta di un docente diventa paradigma, ovvero, insegnamento per tutti.
In passato gli obblighi in materia sanitaria ci sono sempre stati senza che creassero le proteste a cui stiamo assistendo; tali inediti moti di piazza indicano che, sia dietro l’attenzione verso il diritto all’autocura che dietro agli ideologismi libertari, ci sia una volontà di strumentalizzazione politica. La categoria docente ha il dovere di denunciare tali ideologismi di comodo, evitando di partecipare al facinoroso trambusto mosso da coloro che, privi di un progetto politico, cavalcano le umane paure per costruire il consenso.
È doveroso che i docenti italiani rivendichino il proprio senso critico, utile a puntellare il tracciato normativo, ma avvertano prioritaria la responsabilità di liberare la società da egoismi e intellettualismi, mostrando quale sia la scelta opportuna volta al meglio per tutti, evitando di trasformarsi in servi sciocchi dei guastatori di professione.
Nicola Tenerelli