O è pandemia ed emergenza per tutti (alunni-soprattutto i più fragili- e docenti) o è inclusione. Ma questo, purtroppo, non è né una cosa né l altra.Sembra, invece, essere solo “esclusione” e disparità tra alunni (oltre che tra colleghi) , evidenziando ancor di più le differenze di chi già si sente “diverso” e ” speciale” e andrebbe tutelato più di chiunque altro.
Ciò che si sta verificando oggi nella maggior parte delle scuole in zona rossa è la solitudine dei ragazzi con BES: lasciati soli (s’intende ovviamente con le insegnanti ma senza relazioni tra pari), nonostante le norme e note di chiarimento – ultima la nota n. 662 del 12 marzo – che cita: _”…Le istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione VALUTERANNO di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo….”__
Queste ordinanze e note non danno, però, indicazioni chiare sulle priorità in tempo di pandemia che contrasta in modo particolare con la necessità di inclusione, ma si appellano all’autonomia scolastica e agli organi collegiali (indicando la “possibilità” di “valutare se” …) lasciando pertanto ogni responsabilità decisionale ai singoli DS, che agiscono in modo differente, pur nello stesso territorio. Ne consegue che, nella maggior parte dei casi, per far fronte ad entrambe le cose (alla possibilità di frequenza data solo ad alunni con particolari esigenze e alla situazione d’emergenza-pandemia), ad oggi, in tanti Istituti Scolastici, gli alunni con BES si ritrovano tristemente soli, senza compagni vicini con cui relazionarsi o sentirsi alla pari, vivendo inevitabilmente sensazioni di differenze e, come se non bastasse, in alcune realtà (Non è certamente il mio caso!!!) anche soli con il solo docente di sostegno, mentre i docenti curricolari-di disciplina sono in DAD a casa, come se l’alunno in presenza riguardasse solo il docente di sostegno.
Una delle tante soluzioni per avvertire meno disparità sarebbe, in situazione d’ emergenza, organizzare piccoli gruppi o turni, come citano le note, ma questo non dovrebbe essere solo auspicabile o inteso come possibilità..
Al contempo, si evidenzia, altresì, che la frequenza di un alunno o di un piccolo gruppo per favorirne l’ inclusione, risulta, come ben sappiamo, in forte contrasto con la stessa pandemia, emergenza sanitaria, zona rossa, e tutto ciò che ne consegue: infatti alcuni docenti si recano nelle scuole a fare DAD/DDI tra gli alunni a distanza e gli alunni con bisogni educativi speciali in presenza, proprio loro che spesso sono i più fragili e i più esposti al rischio. Inoltre, da tener conto come fattore di rischio in questo contesto, è l’inevitabile vicinanza e l’indispensabile bisogno di contatto dell’ alunno con BES e l’insegnante di sostegno o le altre figure che ruotano attorno a lui .(Altri insegnanti, ancora, si collegano da casa creando ulteriori differenze anche all’interno degli istituti stessi).
Quindi… CHE FARE?!??Il Legislatore dovrebbe dare al mondo della scuola delle risposte e direttive chiare, precise e univoche che rispettino i diritti di tutti .Una cosa, però, è certa: *l’alunno/a con BES, non può continuare a frequentare IN SOLITUDINE per un lasso di tempo così lungo.*
Elisa Calò