Il presidente della Palestina, Mahamud Abbas dà il benvenuto al pontefice di Roma e gli parla di ponti che devono sostituire le mura di divisione e lo ringrazia per avere ricordato nella preghiera ed avere incontrato alcuni dei tanti rifugiati Palestinesi in Siria, sottolineando che – pace sicurezza e stabilità sociale – sono princìpi non solo dell’ONU ma anche di tutte le religioni. Il tono del papa è pacato ma la sostanza delle parole è forte. Ricorda che a Betlemme è nato Gesù, principe della pace, mentre in Medio Oriente è come se la seconda guerra mondiale con le divisioni, le sofferenze, le divisioni e le morti si sta protraendo da oltre 60 anni e che, per il bene di tutto il mondo, è ora di porre fine a questa situazione. Che si arrivi a 2 Stati con confini riconosciuti internazionalmente. Occorre per questo che ognuno rinunci a qualcosa per incontrarsi e pacificarsi. I Cristiani difatti si muovono su questa linea e vogliono continuare il loro ruolo come cittadini e fratelli di tutti. E finalmente “le spade si trasformino in aratri” (Isaia 2,4) per portare prosperità nella concordia. Non è polemico il papa e non parla di muro, ma – rompendo il protocollo con un fuori programma – fa fermare la macchina scoperta e si avvicina e (tra il silenzio della folla) tocca con la destra e il capo l’alto muro divisorio di Betlemme. E’ bello invece il muro umano sorridente e felice, colorato di bianco e giallo, che fa ala al passaggio di Bergoglio. 1. Nella piazza della Culla-Mangiatoia, dove tutto è pronto per la celebrazione il sindaco donna di Betlemme, città del pane, saluta il papa a nome di tutti gli abitanti. In fondo ad un baldacchino con l’altare c’è una gigantografia di un poster ingenuo ed elementare che riprende la scena della grotta dove al posto dei 3 magi ci sono i tre papi pellegrini del 1964, 2000 e 2009. Ed ora Francesco è come il 4° re magio. E’ il 25 Maggio ma a Betlemme sembra Natale. Anche i canti sono quelli natalizi. Il pellegrino romano si appoggia al bastone pastorale di legno mentre ascolta in meditazione l’annuncio del presepe di Luca cantato in un meraviglioso vocalizzo arabo. Il messaggio omiletico è forte e chiaro: “Ai bambini si deve portare il massimo rispetto. I BAMBINI CI GUARDANO. Guardiamo i problemi del mondo con gli occhi dei bambini. Mai più bambini sfruttati nel lavoro, obbligati alle guerre, costretti ad emigrare e morire tra i disperati nel Mediterraneo! Costruire la pace è difficile ma vivere senza pace è impossibile”. E mentre il papa benedice la folla, all’unisono con Lui, dal minareto si alza l’invito del muezzim alla preghiera del mezzodì. 2. Ore 15,45: siamo a Tel Aviv nella base militare dove atterra l’elicottero militare 742- JY-RSE color sabbia che strasporta il papa. I discorsi sono ufficiali e manca la traduzione dall’ebraico ma in italiano il MESSAGGIO di Francesco è chiaro a tutti: “E’ necessario trovare soluzioni alla complessa convivenza tra Israele e la Palestina. I due Stati siano una realtà e non un sogno!”. E non dimentica di parlare dell’attentato di ieri a Bruxelles contro la comunità ebraica con morti e feriti mentre dice che visiterà il memoriale della Shoah a Gerusalemme per riflettere dove può arrivare la malvagità contro l’umanità. E qui scatta lo storico invito: “OFFRO LA MIA CASA in Vaticano per ospitare i presidenti di Israele e della Palestina in modo che possiamo insieme PREGARE PER LA PACE”. 3. L’ultimo importante appuntamento della VI domenica di Pasqua è a Gerusalemme nella Basilica “contesa” del Santo Sepolcro: C’è l’incontro ecumenico di preghiera col patriarca ortodosso Bartolomeo, e gli altri rappresentanti delle confessioni cristiane protestanti, con la presenza anche dei rappresentanti ebrei e musulmani. Sulla scia degli incontri ecumenici iniziati nel 1986 da Giovanni Paolo II ad Assisi, città natale di san Francesco. E quando Bartolomeo – di nero vestito – finisce di parlare, il bianco padre Francesco si inchina a baciargli la mano e poi si baciano vicendevolmente. Dopo l’intervento del papa ci sono lunghissimi applausi. Poi, tutti i presenti pregano insieme il “Padre nostro”, ma ognuno nella propria lingua materna…
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