Papa Francesco andrà in pellegrinaggio a Bozzolo (Mantova) e a Barbiana (Firenze), per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani, il 20 giugno “in forma privata e non ufficiale”.
Un gesto storico quello del Papa perché sarà la Chiesa tutta a rendere omaggio a questi due profeti scomodi.
Per don Milani Francesco ha un’autentica venerazione: “Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati, e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa”: queste parole del priore di Barbiana, che hanno anticipato di mezzo secolo il Giubileo della Misericordia, Francesco ha voluto ripeterle lui stesso nel videomessaggio trasmesso alla Fiera del libro.
“Tutti – ha affermato Francesco – abbiamo letto le tante opere di questo sacerdote toscano, morto ad appena 44 anni, e ricordiamo con particolare affetto la sua ‘Lettera ad una professoressa’, scritta insieme con i suoi ragazzi della scuola di Barbiana, dove egli è stato parroco. Come educatore e insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato”.
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Certo Francesco ama la “Lettera a una professoressa”, quella “cara signora” che dei suoi allievi “non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti”, scritta con 8 ragazzi della scuola di un piccolo borgo toscano, due case addossate a una chiesa – Barbiana, frazione di Vicchio, nel verde del Mugello. Il volumetto, centosessanta pagine, uscito a maggio del 1967, il mese nel quale il priore di Barbiana festeggiò i suoi quarantaquattro anni (e il 26 giugno morì). Ma la lettera all’intellettuale Aldo Capitini, profeta italiano della non violenza, continua ad essere dirompente: con l’accusa al sistema scolastico tout court di proporre un’educazione “profondamente anticristiana, profondamente antioperaia e contadina” e ciò “per opera dei governi cattolici.
Anche don Primo Mazzolari è un profeta scomodo. Instancabile la sua testimonianza al fianco degli ultimi, dei lontani. Un cristianesimo incarnato dentro la storia, senza paura anche durante il periodo fascista. Oltre 50 le sue pubblicazioni. Definito “profeta” da Paolo VI e “Tromba dello Spirito Santo in terra mantovana”, da Giovanni XXIII, don Primo non si stancò mai di schierarsi al fianco dell’uomo.
Mazzolari ha iniziato a celebrare il primo maggio in parrocchia come momento forte già negli Anni Venti, quando era parroco a Cicognara.
Don Primo subì un attentato fascista nel 1931, gli spararono contro quegli stessi che allora distribuivano l’olio di ricino. Dopo l’8 settembre 1943, partecipò attivamente alla lotta di liberazione, incoraggiando i giovani a partecipare, e venne arrestato e rilasciato, per iniziare però s vivere in clandestinità fino al 25 aprile e e così l’Anpi gli riconobbe la qualifica di partigiano.
Nel dopoguerra i suoi scritti sul tema della pace gli attirarono le sanzioni delle Gerarchie ecclesiastiche: nel 1954, infatti, fu imposto a don Primo il divieto assoluto di predicare fuori dalla propria parrocchia e il divieto di pubblicare articoli riguardanti materie sociali. A luglio del 1951 venne imposto a don Primo il divieto di predicare fuori diocesi senza autorizzazione e il divieto di pubblicare articoli senza una preventiva revisione dell’autorità ecclesiastica.
Ma oggi la figura e la spiritualità del sacerdote lombardo, riconosciuto dalla Chiesa come ‘servo di Dio’, sono “un punto di riferimento per la vita cristiana di questo tempo”, ha commentato ai microfoni della Radio Vaticana don Bruno Bignami, presidente della Fondazione ‘Don Primo Mazzolari’ e postulatore della causa. L’iter è iniziato nel 2015 a ben 56 anni dalla morte di don Primo, avvenuta nel 1959, e non é casuale il fatto che il “nulla osta” sia stato finalmente concesso durante il pontificato di Papa Francesco, che si chinerà sulla sua tomba in preghiera.