Potrebbe essere una foto di famiglia ma anche la riproduzione fedele del nostro Paese, dove genitori di due figli tredicenni, che lavorano per la pubblica amministrazione (mamma part time al 70%), con piena titolarità e titoli di studio medio alti, appartengono di fatto alla fascia debole della popolazione, quella bisognosa di aiuti governativi per il pagamento delle bollette e per i libri di scuola dei figli, avendo un indice ISEE inferiore a 15.000 euro.
Nel mio immaginario avevo sempre pensato che a questa categoria appartenessero persone poco acculturate, dedite a lavori umili e magari saltuari, poco tutelati dai sindacati ma evidentemente mi sbagliavo: anche studiare porta all’indigenza.
E con quali argomenti possiamo invogliare i nostri discenti a scervellarsi sui libri?
Con quali argomenti possiamo invogliare altri genitori ad investire nell’istruzione dei propri figli?
Se studiare costa sacrifici e allunga i tempi della vita lavorativa, non è più conveniente entrare al più presto nel mondo del lavoro e godersi prima la pensione?
Per soddisfare il proprio bisogno di cultura si può semmai leggere un buon libro prima di andare a letto.
Non mi aspettavo certo di arricchirmi, svolgendo la professione che amo, ma mi ero illuso di poter condurre una vita più tranquilla, senza assilli per le rate del mutuo che s’impennano e le bollette che triplicano i loro importi mentre gli stipendi, quelli, sempre gli stessi o comunque mai in linea con l’inflazione.
Mi auguro che qualcuno, là in alto, si accorga del paradosso e ci metta finalmente una pezza.
Davide Maugeri
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