Una vicenda alquanto complessa e triste quella riguardante una bambina di 9 anni che, nel 2019, è stata percossa da un bullo, suo compagno di classe, all’interno di un istituto elementare del Villafranchese, in Veneto. La piccola è stata costretta a ricorrere alle cure ospedaliere, mentre all’interno dell’intero mondo della scuola, rimasto sgomento, si è scatenato un forte dibattito. L’allora ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha addirittura inviato sul posto un proprio consigliere per fare luce.
Oggi, 4 anni dopo, arrivano importanti aggiornamenti sul caso, secondo quanto riporta Il Corriere del Veneto. Sul banco degli imputati sono finiti infatti, a sorpresa, alcuni familiari della bambina picchiata, in particolare mamma e zii. Questi, nei giorni successivi all’aggressione, avrebbero insultato il bullo, su Facebook e sulla chat della scuola, usando pesanti epiteti. In questo modo avrebbero così messo a repentaglio la sua reputazione.
La madre dell’aggressore sarebbe stata definita come “la mamma del bullo”, il figlio sarebbe stato bollato così: “Un bullo che la tormenta e le dà un calcio nelle parti basse..piccoli criminali crescono”. La zia della bimba si è spinta oltre, qualificando su Facebook il piccolo “sto bimbom****a” e descrivendo i suoi genitori come “menefreghisti” e scrivendo che “prendere a calci e pugni una bambina è proprio voglia di fare del male” e che “il bambino ha mandato all’ospedale anche un altro compagno l’anno scorso e non è stata nemmeno la prima volta”.
La mamma della bambina, che ha pure pubblicato le foto della figlia ferita, ha scritto, sempre sul social: “La piccola ha incubi tutte le notti, non vuole più tornare a scuola. Quel bambino l’aveva presa di mira da tre anni”.
I genitori dell’aggressore, rimasti offesi da queste parole, hanno denunciato i parenti della bambina. Al termine delle indagini preliminari, la Procura scaligera ha chiesto l’archiviazione ma il gip non è stato dello stesso avviso e ha decretato l’imputazione coatta mandando a processo la famiglia della piccola per diffamazione aggravata dall’uso dei social network.
In aula, chiamati a testimoniare dalla pm d’udienza Laura Bergognini, hanno deposto i primi testimoni tra cui la psicoterapeuta Giuliana Guadagnini, secondo cui, nel caso di specie, non si sarebbe trattato di bullismo: “Esaminando nei dettagli quanto accaduto, già all’epoca lo abbiamo escluso in quanto per parlare di bullismo occorre che vi sia stata intenzionalità”, ha detto.
A quanto pare, secondo gli esperti, non è stato questo il caso. Tutto sarebbe stato generato da una “particolare fragilità” dei bambini coinvolti. In aula i genitori del piccolo hanno spiegato che il figlio, all’epoca “ha risentito dell’esposizione mediatica, necessitando di assistenza psicologica ed è stato marchiato come bullo pur non essendolo”. Resta da vedere come controbatterà la famiglia della vittima delle percosse.
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