Parigi e la nostra sottomissione

Quanto è accaduto a Parigi mostra, ancora una volta, la debolezza dell’Occidente. Di fronte ad un Islam più che mai identitario, che mira ad imporre la sua visione del mondo, noi ci presentiamo culturalmente decadenti, “senza retroterra spirituale, come eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia”, per dirla con Giovanni Paolo II. Del resto Islam significa “fede assoluta” mentre Muslim equivale a “sottomissione”: due termini in cui è racchiuso tutto il codice ideale della religione musulmana. L’Occidente attuale, secondo Oriana Fallaci, “nutre una specie di odio verso se stesso e nella sua storia vede soltanto ciò che è deprecabile”. “Sono 30 anni – dichiarava il filosofo Michel Onfray, mentre ancora giungevano le notizie della strage di Parigi – che tutti ci spiegano che il problema non esiste, che l’Islam è una religione di tolleranza e di amore. Che l’Islam è bene ed il Cristianesimo no. Chiediamoci allora perché Eric Zemmour ha venduto 400 mila copie del suo libro: «Suicidio francese»”.

Ad aumentare la nostra debolezza concorre, inoltre, il conflitto che sta emergendo, proprio in questi giorni, dentro gli Stati europei (soprattutto in Francia e Germania) fra anti-islamici ed anti-islamofobi. Fra quanti sostengono che un Islam moderato non può esistere perché la jihad è connaturale alla struttura concettuale del Corano e quelli che si battono, invece, per la distinzione fra Islam e terrorismo islamico, facendo osservare che una generalizzazione del giudizio negativo farebbe il gioco degli estremisti, scoraggiando quanti tra i musulmani (e sono la maggioranza) guardano all’Occidente come ad un modello.

Anche a noi, tuttavia, quanto accaduto a Parigi ha tanto da insegnare. Quando si esamina un fenomeno complesso come l’Islam – una fede che raccoglie nel mondo 1,7 miliardi di persone – non si può cadere in pericolose semplificazioni. Maometto è senz’altro un capo guerriero, come volevano le caricature di Charlie Hebdo, ma non è solo questo. La libertà di espressione è certamente un valore fondamentale del mondo occidentale, ma anche il rispetto verso una specifica individualità storica, qual è quella islamica, lo è, specie se alla sua cultura è assente il genere letterario dell’ironia e della satira. Lo jihadismo è un aspetto caratterizzante dell’Islam ma l’Islam è anche altro. Ammettiamolo. I redattori di Charlie Hebdo hanno il torto, nel loro radicalismo volterriano, di aver fatto della libertà un valore assoluto anziché strumentale, disconoscendone altri quali la valorizzazione della diversità culturale, l’attenzione alla sensibilità altrui, la sfumatura ironica al posto dell’attacco graffiante. Ma la risposta feroce con cui è stato soppresso il diritto fondamentale di una persona, quello della vita, rimane al di fuori di ogni paradigma etico. Segna semplicemente la differenza fra una certa cultura islamica e quella affermatasi in Occidente.

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