Confermare i 70 milioni di euro l’anno previsti della passata Legge di Bilancio per le necessità degli istituti paritari legate agli alunni disabili. A chiederlo sono stati diversi componenti della commissione Cultura alla Camera Gabriele Toccafondi (Italia Viva), Daniele Belotti (Lega), Rosa Maria Di Giorgi (Pd), Valentina Aprea (Forza Italia), Simona Vietina (Coraggio Italia), che in questo modo sostengono l’appello lanciato da Agorá delle parità.
“La richiesta di stabilizzare i 70 milioni di euro necessari a sostenere parte delle spese per bambini e ragazzi con disabilità iscritti agli istituti paritari, non può cadere nel vuoto”, hanno dichiarato congiuntamente i deputati.
“Si tratta – si legge nel documento unitario – di confermare risorse previste con la legge di bilancio del 2020 per consentire a uno dei due pilastri del sistema educativo italiano di offrire sostegno ai circa 12mila ragazzi disabili che frequentano le scuole paritarie. Una conferma della misura è fondamentale perché eviterebbe un danno molto grave a studenti e famiglie nonché un ingiusto motivo di disparità rispetto ai ragazzi della scuola statale”.
“Parliamo di una novità introdotta l’anno scorso, attraverso un emendamento parlamentare voluto e votato da maggioranza e opposizione. Come si legge nelle tante esperienze raccontate dalle famiglie, il fondo si è rivelato molto utile e per questo da proseguire”, hanno concluso i deputati favorevoli al finanziamento.
Sulle scuole paritarie, intanto, continuano i controlli da parte delle autorità preposte. E anche le denunce. L’ultima è della Guardia di Finanza di Treviso, che ha individuato 101 persone che erano state assunte nelle scuole della provincia presentando titoli culturali e di servizio risultati falsi.
Le assunzioni, a tempo determinato, scrive l’Ansa, erano state fatte tra il 2018 al 2020 e riguardavano personale scolastico non docente, quindi amministrativo, tecnico e ausiliario: il danno stimato all’erario ammonta a due milioni di euro.
Le immissioni in ruolo erano state effettuate in base alla posizione ricoperta dai candidati nella graduatoria correlata al bando personale Ata ai primi posti, in cui si erano sistematicamente posizionati candidati che avevano attestato di aver conseguito diplomi di qualifica professionale con votazione di 100 centesimi, oltre al possesso di specifiche esperienze professionali.
Per molti di loro, tuttavia, i finanzieri hanno accertato che il diploma era stato conseguito, con il massimo punteggio, in un ristretto numero di istituti scolastici campani, mentre i titoli di servizio erano stati maturati lavorando in “improbabili scuole paritarie”.
Sempre secondo l’accusa, a 43 indagati i diplomi sono stati rilasciati da quattro istituti scolastici, delle province di Salerno, Benevento e Avellino, che non erano autorizzati dall’Ufficio Scolastico Regionale allo svolgimento degli esami di qualifica professionale.
Gli stessi istituti paritari erano già al centro di inchieste giudiziarie, perchè sospettati di essere veri e propri “diplomifici”. In altri diversi casi, invece, “i diplomi erano del tutto fasulli”.
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