Fa notizia l’aumento di 2mila euro ai docenti del Trentino Alto Adige. In molti si chiedono come sia possibile e ironicamente aggiungono: ma il Trentino non fa parte dell’Italia?
Per capire i motivi di questo diverso trattamento abbiamo intervistato Antonio De Nardis, 27 anni, docente di Italiano L2 presso la scuola media di Glorenza in provincia di Bolzano.
Professore ci può descrivere sinteticamente come funziona la scuola nella vostra regione?
Innanzitutto va ricordato a tutti che il Trentino Alto Adige è una regione a statuto speciale che delega alle due province autonome di Trento e Bolzano degli speciali poteri in materia di legislazione scolastica. Io conosco la realtà dell’Alto Adige, dove infatti coesistono ben tre intendenze scolastiche, una per ogni ceppo linguistico (italiano, tedesco e ladino), al fine di assicurare ad ogni gruppo linguistico la scuola nella propria madrelingua e lo studio come seconda lingua dell’altra lingua principale. Ciò significa che nella scuola in lingua italiana tutte le materie sono impartite in italiano, però si apprende il tedesco come lingua seconda; nella scuola tedesca si fa lezione in tedesco, ma si studia l’italiano come seconda lingua; nella scuola ladina si lavora in parte in ladino (soprattutto nel primo ciclo) e si apprendono in egual modo entrambe le lingue principali (italiano e tedesco) lungo tutto il percorso di studi.
Va bene, ma come è possibile che nella vostra regione gli stupendi siano più alti rispetto al resto d’Italia?
Va detto che qui i docenti di ogni ordine e grado rispondono sì alle norme del contratto nazionale, ma rispondono anche ad un contratto integrativo provinciale che “appesantisce” gli obblighi dei docenti, ma retribuisce il lavoro svolto in più con delle indennità provinciali. C’è perciò un trattamento diverso rispetto agli altri colleghi del resto del paese e quindi, secondo me, è giusto essere retribuiti di più, se si prestano più ore di servizio.
Il vostro contratto prevede i medesimi obblighi che hanno i docenti delle altre regioni?
Come ho già detto, il contratto provinciale prevede più obblighi del contratto nazionale. Ad esempio, il contratto è da 18 ore, ma con 2 ore in più da prestare eventualmente per supplenze. Inoltre, tutti i docenti altoatesini devono prestare ben 220 ore annue come attività funzionali all’insegnamento, a differenza del resto del Paese in cui si svolgono 40 + 40 ore. In queste 220 ore ricadono consigli di classe, consigli di plesso, collegi docenti, programmazioni settimanali di dipartimento (la cosiddetta Fachgruppe, 34 ore annuali), le ore annuali dei corsi di aggiornamento obbligatorie, le udienze dei genitori. Per non dimenticare delle sorveglianze obbligatorie da svolgere: sorveglianza all’ingresso dei ragazzi, sorveglianza durante la pausa e sorveglianza durante il servizio mensa. Oltre tutto ciò, va detto che qui esiste una sorta di organico funzionale. I docenti non esauriscono tutto il monte ore settimanale in lezioni frontali, ma una parte viene anche riservata per offrire corsi facoltativi opzionali (Wahlfach) e corsi della quota obbligatoria opzionale (Wahlpflichtfach).
Senza entrare in troppi dettagli diciamo che si tratta di ore utilizzate per attività di compresenza e di progetto, attività che richiedono sempre un notevole impegno aggiuntivo per essere ideate e programmate.
In Trentino, per accedere ai concorsi per docenti, quante lingue bisogna conoscere?
Nella provincia di Bolzano si può insegnare solo nella scuola della propria madrelingua, eccezion fatta per l’insegnamento della seconda lingua. Quindi in teoria non sarebbe necessario conoscere strettamente l’altra lingua del territorio, però sarebbe di gran lunga consigliabile conoscerla. I docenti di seconda lingua invece devono avere un livello almeno C1 (QCER) dell’altra seconda lingua, altrimenti non possono proprio accedere all’insegnamento della seconda lingua. Infatti, devono acquisire il cosiddetto Patentino di bilinguismo di livello A.
Lei pensa che il modello trentino possa essere facilmente esportato nelle altre regioni?
Io sono sicuro che questo modello nel resto d’Italia incontrerebbe molto malcontento e molte riserve. Sicuramente ci sarebbero difficoltà nei primi tempi perché comporta accettare un totale sradicamento dei canonici tempi scuola con cui tutti siamo cresciuti e che conosciamo. Questo è un sistema che comporta molto lavoro in più, oltre il già tanto lavoro che c’è da fare normalmente. Questo sistema comporta che si sta molto, ma molto di più a scuola, soprattutto di pomeriggio. Diventa in pratica di più di un lavoro a tempo pieno. Però almeno c’è la gratificazione economica mensile…