Esistono degli insegnanti, pochi per la verità, che, durante le ore di lezione e in presenza dei propri allievi, parlano male di qualche collega. Ma parlare male di un collega davanti ad una classe, mentre si sta svolgendo un’ora di lezione, potrebbe essere catalogato come un reato di diffamazione. La questione diventa ancora più diffamatoria, se il docente pettegolo, e che non riesce a tenere la lingua a posto, dovesse dire ai suoi allievi: “Il prof. dell’anno scorso non capisce niente e vi ha detto un cumulo di stupidaggini, la spiegazione giusta è quella che ho fatto io”.
Questo è un tipico caso in cui il docente diffamatore tende a colpire l’onorabilità professionale di un suo collega, cercando di umiliarlo agli occhi dei suoi ex studenti, utilizzando impropriamente il suo ruolo di educatore. Un caso del genere, se effettivamente riscontrato, può infatti sfociare in una condanna penale per diffamazione. Il reato di diffamazione scatta quando un soggetto, comunicando con più persone, offende la reputazione di un terzo assente. Nel caso quindi di un docente, che si rivolge ai suoi alunni durante l’ora di lezione, sostenendo che ben due colleghi degli anni passati non hanno saputo insegnare e spiegare un certo argomento, perché non in grado come lo è lui, ci sarebbero tutti gli estremi di una querela per diffamazione.
Se poi la questione ha diversi testimoni, diretti e indiretti, perché le frasi dette dall’incauto prof hanno fatto il giro della scuola fino ad arrivare anche nel tavolo della dirigenza, e se i motivi della diffamazione sono riferibili ad una comprovata invidia professionale, la condanna penale diventa una certezza.
Infatti la Corte di Cassazione su un reato di questo tipo così si è espressa: “In tema di tutela penale dell’onore, al fine di accertare se l’espressione utilizzata sia idonea a ledere il bene protetto della fattispecie incriminatrice di cui all’art.594 codice penale, occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alle personalità dell’offeso e dell’offensore nonché al contesto nel quale detta espressione sia stata pronunciata ed alla coscienza sociale”.
Quindi attenzione alla parole, perché le parole sono come pietre, e se vengono proferite a sproposito, in situazioni sbagliate e con l’intento di colpire la professionalità di colleghi giudicati meritevoli dalla dirigenza dell’istituzione scolastica, potrebbero riservare brutte sorprese.
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