Capiamo bene che il problema principe di questa Nazione sia la disoccupazione e l’inflazione insieme al debito pubblico, ma che non si faccia cenno, nemmeno velatamente, alla scuola e ai suoi problemi appare quantomeno scandaloso, come se l’istruzione non fosse parte di tutte le parti di questo Paese.
E non c’è nemmeno verso che qualche intervistatore e conduttore televisivo o giornalista si prenda la briga di chiedere alle tante passerelle di politici, sia di primo, sia di secondo e sia di antico pelo, cosa si vuole fare dei precari, delle graduatorie, dell’edilizia scolastica, delle riforme e del concorsone e se per esempio si vuole procedere a reclutare con questa formula o con altre. E ancora, quali finanziamenti si vogliono dare o quanto altro ancora si vuole togliere alla istruzione; se si vuole restituire più dignità ai professori o se si vuole che lavorino di più, secondo formule già accennate, o se si vuole pagarli meglio e in media con gli stipendi europei. E poi ci sono quelli della “Quota 96”, i concorsi dei dirigenti tecnici, dei dirigenti “normali”, i casi dei sopranumerari, degli inidonei, degli Ata, e ancora le dismissioni e le compressioni fra scuole, detti dimensionamenti, e le classi pollaio con gli alunni diversamente abili, insieme agli arredi e ai riscaldamenti dove sono riposti i supplenti che vengono accesi come i termostati: alla bisogna e poi lasciati a congelare.
Capiamo che le promesse, soprattutto sul versante degli stipendi e dei passaggi in ruolo, rimangono tali, ma almeno accennarne, dire qualcosa: e invece nulla.
Diventa chiaro dunque che alla nostra classe politica e giornalistica, bisogna dirlo, interessa pochissimo della scuola, tranne che per sentenziare o dire blasfemie quando il caso lo consente e quando bisogna dare all’opinione pubblica l’idea che i docenti lavorano troppo poco per i soldi che si beccano ogni mese, e allora ecco le sentenze ed ecco tutti in riga a dire la loro.
Ma tant’è e ogni volta (tranne l’accenno alla scuola serale frequentata da Michele Santoro) che tra i mille affollamenti televisivi si parla di programmi dei parti per risollevare la nazione (o tentare di farlo) nulla è trapelato sulla scuola, sui ragazzi e il loro futuro, sulla delicatezza della cultura e il suo strategico ruolo per competere e stare a galla e pure per creare ricchezza, mentre Pompei crolla e mentre tanti laureati in “umanesimo”, ma anche in “tecniche” stanno a spasso.
Chissà, diceva Danilo Dolci, se i pesci piangono? Chissà se la nostra politica intervistatrice ha idea di ciò che occorre fare per la cultura e l’istruzione, per la scuola e il suo personale, per i ragazzi e per la loro promozione verso una cittadinanza condivisa e accolta con matura intelligenza. Chissà?
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