Categorie: Esami di Stato

Parole fuori ordinanza e dentro: il regolamento sugli esami

“Le parole sono pietre”, scriveva Carlo Levi nel 1955; per gli Ebrei le pietre, che lasciano sulle tombe dei giusti, esprimono la memoria che sfida il tempo; “Bada come parli! Misura le parole”, intimiamo ai nostri interlocutori; “Le parole tue sien conte” raccomanda il maestro Virgilio a Dante prima che parli con Farinata…
Dopo 14 anni di Ordinanze Ministeriali, che hanno fatto seguito alla Legge e al Regolamento sul nuovo esame di Stato, occorre applicare non solo la lettera ma lo spirito innovativo della riforma, la sua anima, la sostanza.
Occorre rivedere i principi ispiratori che si celano in quest’ultima riforma della maturità italiana. Tanto per capirci ormai circolano “parole in libertà”, terminologie fuori ordinanza, che rischiano di stravolgere e abbattere la struttura dell’esame di Stato. Tesina, bonus, interrogazione orale, quiz e/o quizzone, … non sono parole ministeriali. Volgarmente ed erroneamente esse sostituiscono: l’argomento scelto dal candidato, l’integrazione del punteggio, il termine pregnante colloquio, le domande a risposta chiusa…
Le Ordinanze ci dicono che l’argomento, scelto dal candidato per iniziare il colloquio, può essere anche in forma multimediale (non necessariamente quindi multidisciplinare), mentre è previsto che gli argomenti proposti dai commissari al candidato possano essere formulati in modo che richiamino la multidisciplinarietà.
Così pure, va messo in conto che i criteri di valutazione sono veri e propri giudizi analitici da cui scaturiscono in sintesi i punti (che non sono voti decimali) che servono a costruire il voto complessivo finale dell’esame di Stato fino ad un massimo di 100/100 punti con la possibilità della lode. “I punteggi sono giudizi espressi in numero quando scaturiscono da una griglia di criteri di valutazione delle prove”. (Cfr. Decr. del Consiglio di Stato n. 187 del 12/01/2000).
Correggere e valutare non sono verbi identici perché altro è la correzione di una prova e diversa operazione è la semplice valutazione. La legge 425/1997, che ha riformato l’esame di Stato, una sola volta parla di correzione (art. 4 c. 3), mentre nel DPR 323/1998 che disciplina con regolamento gli esami di Stato non è mai scritto correzione e si fa menzione alla valutazione ben 7 volte (artt. 4, 5, 11 e 14).
La paroletta correzione torna nel DPR 358/1998 dove si danno indicazioni per le sottocommissioni, ma quello che fa più specie è il fatto che nelle OO. MM. per gli esami del 1999, 2000 e 2001 non è mai presente il termine correzione, a differenza della valutazione con una insistenza di 50 volte per documento. Poi all’improvviso la parola correzione ha 8 citazioni ministeriali contro le 50 circa della “amica e rivale” valutazione. Ormai negli anni ci siamo abituati alla diatriba interna alle commissioni di esami se correggere le prove (come durante l’anno scolastico) o valutare nell’insieme i lavori dei candidati senza intervenire in nessun modo, se non a margine…
Ad onor del vero nell’O. M. 41/2012 del ministro Profumo persistono le frequenze solite tra correzione e valutazione a vantaggio di quest’ultima.
La conclusione operativa è la seguente: la correzione e/o la valutazione delle prove, comunque, deve essere effettuata sempre in modo collegiale anche se in una prima fase si può operare per sottocommissione.
La correzione inoltre, non avendo una ricaduta didattica (in quanto le lezioni sono ormai finite), si limiterà ad evidenziare gli aspetti più utili ai fini della formulazione del giudizio sulla prova scritta che deve essere formulato prima ancora del colloquio.
Esaurito il fine didattico della correzione/valutazione rimane basilare la discussione degli elaborati tra la commissione e il candidato nella parte conclusiva del colloquio di esami.
Ricordiamo infine che per quest’anno, l’O.M. n.41prevede – per la prima volta dopo 14 anni – la pubblicazione all’albo, in modo distinto, dei punteggi relative alle prove scritto-grafiche.

Giovanni Sicali

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