Il recente caso della maestra abruzzese cui è stata negata una supplenza annuale perché aveva una partita iva aperta nonostante avesse chiesto il part time (trattato da Lucio Ficara su questa testata) ripropone la questione delle incompatibilità per il personale docente, con particolare riguardo a coloro che abbiano optato per il regime di part time.
Si precisa che per part time s’intende un rapporto di lavoro con orario di lavoro pari o inferiore a quello a tempo pieno (per intenderci, un docente della secondaria con non più di 9 ore).
In passato, la materia era disciplinata dall’art. 508 del D. LGS n. 297/1994 – Incompatibilità.
Secondo tale norma, il personale docente non può impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto e il suo impiego non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico.
Inoltre, “Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro,”.
Tali disposizioni sono state poi mitigate e modificate da successive norme legislative e contrattuali.
Basti pensare ad esempio, alla facoltà prevista dall’art. 36 del CCNL di accettare rapporti di lavoro a tempo determinato, purchè di durata annuale.
La legge n. 662/1996, all’art.1, comma 58, ha stabilito che “La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale puo’ essere concessa dall’amministrazione entro sessanta giorni dalla domanda, nella quale è indicata l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere”.
“L’amministrazione, entro il predetto termine, nega la trasformazione del rapporto nel caso in cui l’attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente”.
Appare evidente, dunque, che la richiesta di trasformazione del contratto da tempo pieno a part time è strettamente correlata alla possibilità di svolgere un’altra attività, sia essa subordinata o autonoma (dunque con partita iva).
Con la riorganizzazione della disciplina del pubblico impiego operata con il D.Lgs. n. 165/2001, la materia viene regolata dall’art. 53 di tale decreto.
Tale norma prevede regole più stringenti per evitare abusi (è infatti vietato assegnare incarichi retribuiti ai dipendenti pubblici senza previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza; inoltre, in caso di inosservanza, si applica una sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma al dipendente).
Tuttavia, tali disposizioni non si applicano per i rapporti di lavoro a tempo parziale (art.53, comma 1).
I dipendenti in part time non devono neppure chiedere l’autorizzazione peraccettare incarichi, come espressamente previsto dal comma 6 dello stesso articolo.
Anche il contratto scuola si occupa della materia, prevedendo che l’assunzione a tempo determinato o indeterminato possa avvenire con rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale (art. 25, comma 6).
L’art. 39 prevede inoltre che il rapporto a tempo parziale possa costituirsi sia all’atto dell’assunzione, sia mediante la trasformazione del rapporto a tempo pieno.
La risalente disciplina fissata dall’art. 508 deve ritenersi integrata dalle successive disposizioni di legge che hanno consentito a tutti i dipendenti pubblici di optare per un rapporto di lavoro a tempo parziale e – conseguentemente- di svolgere altra attività anche di carattere autonomo (dunque con partita iva).
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