Categorie: Valutazioni

Partono le prove Invalsi, tornano scioperi e proteste

Partono le prove Invalsi. E con loro gli scioperi proclamati dai Cobas contro “la scuola-quiz e la scuola miseria”: negli stessi giorni dell’astensione dal lavoro (6 e 7 maggio infanzia e elementare, 13 maggio media e superiore), sono previste anche delle manifestazioni provinciali. A Roma é previsto un sit-in davanti al ministero dell’Istruzione sia martedì 6 sia il 13 maggio. Lo sciopero contro i test Invalsi, inoltre, è indetto dall’Unicobas.

“La neo-ministra Giannini – dice Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas – conferma la validità del vecchio aforisma, insistendo diabolicamente con gli indovinelli e rilanciando dal 6 al 13 maggio l’insensato rito dei quiz Invalsi. Eppure, che l’Invalsi sia inutile e dannoso, come sosteniamo fin dall’inizio della nostra lotta contro la scuola-quiz è ora addirittura la tesi dei nostri principali avversari in questa battaglia, quella Fondazione Agnelli grande sostenitrice degli ‘invalsiani’. Adesso, la Fondazione legata alla Fiat e ad altre aziende, che per anni ha predicato la valutazione mediante quiz per docenti, studenti e scuole, accusa il Miur di aver provocato, tentando di collegare premi e punizioni ai risultati degli indovinelli, il rifiuto generalizzato di essi da parte dei docenti”. Bernocchi sottolinea che “insieme al neo-presidente invalsiano Ajello la ministra ha annunciato l’intervento dell’Indire, del Corpo Ispettivo e di non meglio specificati ‘enti di ricerca e suggestioni (?) professionali’ al fine di ‘individuare le situazioni da sottoporre a verifica’ e per obbligare i docenti, i cui studenti non risponderanno bene ai quiz, ad andare a corsi di ‘formazione coatta’ agli indovinelli, in attesa di intervenire anche sui loro stipendi”. Gli scioperi indetti sono promossi anche – spiega Bernocchi – “per restituire a docenti e Ata gli scatti di anzianità e 300 euro mensili di aumento come parziale recupero del salario perso negli ultimi anni, per dire ‘no’ ai soldi alle scuole private, alla riduzione di un anno della scolarità, ai Bes, alle classi-pollaio; per massicci investimenti nella scuola pubblica, per l’assunzione stabile dei docenti e Ata precari e la definitiva garanzia del mantenimento del ruolo docente per gli ‘inidonei’, per il pensionamento immediato dei Quota 96”.

I Cobas dicono “no” ai test Invalsi per tante ragioni: non sono anonimi; costano molto; sono standardizzati e decontestualizzati; non recepiscono la complessità dell’esperienza didattica; sono riferibili a un apprendimento di tipo nozionistico; penalizzano il pensiero critico, l’originalità e la creatività; inducono alla formazione di uno studente capace di esercitare un pensiero replicante o di dare risposte secondo le aspettative altrui; non tengono conto delle varie e diverse intelligenze e dei ritmi di lavoro individuali; sono discriminanti (nei confronti dei circa 200.000 alunni disabili che frequentano la scuola pubblica statale); sono costruiti attraverso parametri che si riferiscono a modelli precostituiti; determinano l’affermarsi del fenomeno detto “teaching to test”.

Durante la manifestazione davanti al ministero, a cui parteciperanno genitori, bambini, insegnanti e personale Ata, sono previsti – informano i Cobas – spettacoli di artisti di strada che scimmiotteranno lo svolgimento dei test e una colazione/merenda per i bimbi presenti.

Controi i test Invalsi si schiera anche Anief-Confedir. Che “reputa queste prove utili solo qualora vengano utilizzate come indicatore per programmare nuove strategie. Disco rosso, invece, se se si vogliono utilizzare per valutare il merito degli insegnanti: si penalizzerebbero o premierebbero sulla base di risultati aleatori, che non tengono conto della classe degli alunni e del territorio da cui parte ogni programmazione didattica”. Il sindacato guidato da Marcello Pacifico, si dice in disaccordo con il Miur “se si vuole utilizzare l’esito delle prove standardizzate per etichettare le scuole e per valutare gli insegnanti. Si tratterebbe dell’ennesima beffa, messa in atto proprio quandonegli Stati Uniti si firma un contratto che aumenta del 18%gli stipendi nei prossimi anni, mentre in Italia il Ministro convoca i sindacati più rappresentativi per avere il beneplacito per la fine degli scatti di anzianità, l’unica forma di carriera del personale scolastico”. Lo stesso Pacifico si dice poi “d’accordo sul voler valutare l’operato di chi lavora, ma occorre farlo in maniera corretta”.

Chi difende i test, anzi si dice entusiasta, è, ovviamente, il presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello. Che spiega. “La funzione dell’Istituto sarà eminentemente informativa nell’offrire alle scuole i dati che, consentendo loro di riconoscere i propri risultati rispetto a quelli generali, le indirizzino verso il loro miglioramento”. Nel ringraziare i docenti per aver contribuito all’affermarsi della cultura della valutazione “in un Paese in cui questo approccio stenta ad affermarsi”, il presidente dell’Invalsi li rassicura sul fatto che l’Istituto per primo “intende far valere i diversi fattori che intervengono nel registrare i risultati delle prove, vale a dire mettere a punto indicatori in grado di evidenziare il peso che le diverse variabili – di tipo socio-economico, socio-culturale, familiare – possono avere nel concorrere a determinare quei risultati”. Le rassicurazioni, però, non bastano: dall’Invalsi occorre uno sforzo per far comprendere a tutti che prendere un’insufficienza in un istituto professionale dello Zen di Palermo non ha lo stesso peso che prenderla a Trento o al centro di Milano.

Alessandro Giuliani

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