Il 4 novembre 1847 una donna entra nella sua sala da pranzo per servire un gruppo di eleganti ospiti. Ma quando apre la porta li trova tutti addormentati. Potrebbe sembrare un racconto di Edgar Allan Poe, ma si tratta invece di una scena che accadde realmente. La donna infatti era la moglie del celebre James Simpson, professore di ostetricia presso l’Università di Edimburgo.
Quella sera, in casa sua, poco prima di cena, il professor Simpson aveva deciso insieme al suo nutrito e audace gruppo di ricerca di sperimentare il cloroformio. Si trattava di una sostanza più leggera e semplice da somministrare rispetto all’etere. Dunque un anestetico che poteva essere utilizzato per alleviare le tremende sofferenze delle donne in travaglio.
In una settimana Simpson e i suoi avevano già sperimentato il cloroformio su più di trenta pazienti e il lavoro svolto confermava l’efficacia di questa nuova applicazione. Sfortunatamente, una volta pubblicati i risultati, Simpson e i suoi vennero investiti da una violenta serie di critiche.
La Chiesa ricordò all’ambizioso professore che nella Bibbia era chiaramente scritto che le donne devono partorire con dolore e che per questo la scienza non doveva permettersi di utilizzare qualcosa che alleviasse le sofferenze femminili. Al coro clericale si aggiunsero numerosi colleghi che rivendicavano invece un’importante funzione biologica del dolore. Le donne dovevano soffrire perché ciò costituiva un’indicatore dell’andamento del parto affidabile e insostituibile per il medico mentre nella paziente favoriva una reazione fisiologica indispensabile.
A sbloccare la situazione non fu il buon senso, né tantomeno un’analisi scientifica capace di smontare pregiudizi tanto radicati nell’impianto culturale. Ci pensò invece Leopoldo, l’ottavo figlio della Regina Vittoria, la quale stanca di soffrire atrocemente si avvalse proprio del cloroformio (e molto soddisfatta del risultato decise di riutilizzare anche quattro anni più tardi per la nascita di Beatrice). I presenti annotarono le dichiarazioni delle regina: «Sia benedetto il cloroformio che il dottore mi ha somministrato. L’effetto è stato meraviglioso».
Nonostante dunque il parere contrario di medici e dei membri del clero, la regina Vittoria sdoganò l’utilizzo di questo potente anestetico che presto si diffuse su larga scala. Solo molti anni dopo, all’inizio del XX secolo, quando fu dimostrato che poteva causare fatali aritmie cardiache, il cloroformio venne progressivamente sostituito.
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