Nell’anniversario della sua morte (2 novembre 1975) voglio rievocare il poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista: Pier Paolo Pasolini.
Che ne abbiamo fatto del suo messaggio? Del suo essere critico perché attento lettore della realtà e perciò anche profetico? Nel luogo per eccellenza della formazione, qual è la Scuola, che risalto gli abbiamo dato? Su tutto il territorio nazionale numerose sono le istituzioni scolastiche che portano il suo nome, e anche noi in Basilicata ne abbiamo una: il Liceo scientifico Pier Paolo Pasolini di Potenza.
Noi lucani dovremmo essere particolarmente fieri di questo “artista” anche perché scelse per Il Vangelo secondo Matteo i luoghi della Basilicata: Barile, Lagopesole e Matera.
Ma la questione è che i nostri studenti non ne conoscono la sua arte, il suo pensiero…. almeno per i canali scolastici!
Il suo messaggio è stato ed è tuttora provocatorio e attuale per le nostre giovani generazioni. Ma anche per noi educatori, su quanto possiamo fare nell’accompagnare le giovani generazioni nella loro formazione e crescita umana sapendo che la cultura è l’unica sfida e autentica via per costruire personalità sane in vista di una società pacifica.
Alcune sfide che trovo in Pasolini, e che condivido con voi:
La scuola è il luogo dove affidiamo i nostri figli e dove questi devono sentirsi accolti in una comunità includente – che non sostituisce la famiglia – ma che è sua alleata. Cosa possono e devono fare i docenti? Cito Pasolini: “Il lavoro del maestro è come quello della massaia, bisogna ogni mattina ricominciare da capo (…) Lascio la sera i ragazzi in piena fase di ordine e volontà di sapere – partecipi, infervorati – e li trovo il giorno dopo ricaduti nella freddezza e nell’indifferenza (…) Bisogna tener conto in concreto delle contraddizioni, dell’irrazionale e del puro vivente che è in noi (…) Può educare solo chi sa cosa significa amare” (in Romans).
E in questa prospettiva pedagogica (data anche dall’esperienza del Pasolini insegnante) il docente e la scuola tutta deve creare le condizioni affinché l’alunno – soprattutto chi vive un particolare disagio – deve sentirsi accolto per quello che egli é…. E sull’unicità vocazionale di ogni alunno, Pasolini ha in un certo qual modo anticipato quelle che sono le nuove indicazioni della scuola:, un percorso individualizzato che getta le basi per un nuovo modo di fare scuola aiutando l’alunno a scoprire “qual è la sua vocazione più autentica e farla diventare una passione fine a se stessa”…proprio secondo quell’anticonformismo pasoliniano.
2. La sfida dei valori
I nostri figli li possiamo definire “vittime” (e noi con loro) di una società consumistica fortemente criticata da Pasolini, che ci tratta come merce. Oggi quella critica sembra risuonare fortemente: un “edonismo consumistico – sono le parole di Pasolini – diffuso e incoraggiato nella società dai mass-media, dalla pubblicità, dai rapporti competitivi interpersonali. L’edonismo travolge e sostituisce ogni altro valore del passato…”. Per Pasolini è la televisione che “intontisce” le menti…allettandoli con programmi stupidi… e rende “i giovani nevrotici, infelici e appunto criminali…”. Pasolini sul Corriere della Sera nel 1975 scrive: “E’ stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore)”.
Anche Popper anni dopo parlerà della televisione in termini di “cattiva maestra” per la violenza vista nei vari programmi che influenza i comportamenti dei giovani e dei bambini. Oggi alla TV potremmo aggiungere il mondo della rete in generale. Senza voler fare demonizzazioni, resta comunque il fatto che le statistiche di questi giorni ci dicono di una permanenza esagerata da parte dei ragazzi davanti la TV…. con tutte le conseguenze del caso – dall’obesità infantile alla perdita della creatività e fantasia – oltre all’emulazione di comportamenti violenti… così come ci spiegano gli esperti.
3. La sfida dell’onestà intellettuale
La scuola deve educare a saper dire la verità, ad essere uomini liberi, insegnare a sviluppare la capacità critica, a non lasciarsi intrappolare in ideologie… di qualsivoglia natura. Pasolini ci insegna che attraverso l’esercizio della libertà e della capacità critica è possibile avere degli ideali, e solo così si possono sconfiggere, allora come oggi, atti vandalici e di criminalità o di violenze piccole e grandi da parte dei giovani. La Buona scuola favorisce e promuove questo percorso di continua ricerca che attiva la curiosità e aiuta a sviluppare il senso critico da parte degli alunni.
4. La sfida ad una partecipazione attiva-reale a tutto ciò che ci circonda
Un rischio per le nostre giovani generazioni è quella dell’alienazione dalla realtà. Pasolini era innamorato della vita ed era presente alla sua storia, dice di se stesso “Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace…” (nell’art. Io so sul Corriere della sera del 14 novembre 1974).
Ma c’è una strada che può aiutare i nostri studenti a recuperare e potenziare una maggiore consapevolezza del proprio sé e dell’ambiente in cui vivono, e questa strada è la poesia. Pasolini poeta ci insegna tutto ciò perché la poesia ci rende presenti, educa a saper guardare e dialogare con se stessi e con la realtà…
5. Infine la sfida per eccellenza, che sintetizza tutte le altre: la sfida della cultura.
La cultura “salva” le comunità. La storia ce lo insegna! Pensiamo – ahimé – alla cronaca degli ultimi tempi e agli appelli da parte del presidente Mattarella e di tutto il mondo intellettuale a promuovere la via della cultura per sconfiggere la violenza.
Pasolini diceva a una ragazza: “Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”.
Le armi della cultura combattono ogni fanatismo, educano alla meraviglia e alla bellezza. E Pasolini aggiunge che solo con la cultura è possibile la felicità, così come insegna all’immaginario giovane partenopeo, Gennariello.
La cultura salva le comunità e le singole vite che altrimenti rischierebbero di svuotarsi e di attingere alla fabbrica della morte. Pasolini diceva che “la droga viene a riempire un vuoto causato dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura”, un vuoto esistenziale, una “paura del futuro”.
Chiudo con le parole di Enzo Biagi che così definiva Pasolini: “un grande poeta, un grande artista che si batteva per rendere questo mondo più giusto, più libero, più aperto…”. E questo vuol essere anche un invito per tutti noi!
Maria De Carlo
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