Si torna a parlare di pasti a scuola. Questa volta è il Miur che richiama le recenti sentenze sul tema, intervenute sulle richieste delle famiglie di far consumare il pasto portato da casa nei locali della scuola.
Il riferimento è in particolare alla sentenza n. 20504 del 30 luglio 2019 con la quale la Cassazione si è definitivamente pronunciata in merito alla sentenza n. 1049 della Corte d’Appello di Torino, circa la natura del servizio di refezione scolastica e la sussistenza di un diritto soggettivo perfetto delle famiglie al consumo, da parte dei propri figli, del pasto domestico all’interno dei locali destinati alla mensa e nell’orario della refezione.
Nel chiarire la natura del tempo relativo alla ristorazione scolastica, il giudice di legittimità ha statuito che “se il servizio mensa è compreso […] nel tempo scuola, è perché esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo di cui esso è parte, come evidenziato dalla ulteriore funzione cui detto servizio assolve, di educazione all’alimentazione sana” nonché “a quella di socializzazione che è tipica del pasto insieme, cioè in comunità”.
La Suprema Corte ha, quindi, enunciato il “principio secondo cui un diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione individuale, nell’orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile” e, pur riconoscendo, in merito ai profili organizzativi del servizio di ristorazione scolastica, un diritto delle famiglie alla partecipazione al procedimento amministrativo che ne definisce le modalità di gestione ai fini dell’individuazione della impresa di erogazione del servizio e della scelta dei cibi offerti, ha qualificato tale diritto non come diritto di libertà quanto, piuttosto, come “diritto sociale (all’istruzione), evidentemente condizionato e dipendente dalle scelte organizzative rimesse alle singole istituzioni scolastiche, sulle quali i beneficiari del servizio pubblico possono influire nell’ambito del procedimento amministrativo, in attuazione dei principi di buon andamento dell’amministrazione pubblica, di cui all’art. 97 Cost., e con i consueti strumenti a tutela della legittimità dell’azione amministrativa”.
In proposito, il Miur, con parere del 9 dicembre, ha richiamato l’attenzione su alcuni punti che si possono così sintetizzare:
Sulla base di quanto sopra, le scuole dovranno dunque, analogamente a quanto avviene per ogni attività didattico-educativa, includere la programmazione del tempo mensa nel piano triennale dell’offerta formativa. Nel PTOF dovranno essere indicati gli aspetti connessi all’educazione alimentare, la concreta organizzazione della consumazione conviviale del pasto, gli spazi e i tempi ad esso dedicati e, per quanto possibile, le condizioni di consumo mirate a soddisfare specifiche esigenze.
Il Miur ad ogni modo raccomanda di garantire il contributo sereno e collaborativo delle famiglie, nel rispetto dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di partecipazione al procedimento amministrativo. Così come dovrà essere garantita la massima trasparenza dei processi decisionali e la efficace preventiva comunicazione delle determinazioni assunte e degli obiettivi formativi perseguiti, al fine di consentire alle famiglie destinatarie del servizio scolastico di esercitare pienamente la libertà di scelta del percorso formativo per i propri figli e, una volta che abbiano aderito alla proposta, di assumersi consapevolmente la corresponsabilità della sua realizzazione.
Tutte le determinazioni in merito alla gestione della mensa scolastica dovranno essere infine condivise con gli enti locali, titolari dell’erogazione del servizio di ristorazione scolastica, e con le aziende sanitarie locali, competenti in merito agli aspetti igienicosanitari e di sicurezza alimentare.
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