D’altra parte, fa notare il teologo Vito Mancuso, la parola “patriarcato” è composta da padre, da cui PadreNostro, DioPadre ecc., e dal suffisso “Arch-ein” che significa comandare o capo e dunque primo e dunque primeggiare che è l’obiettivo verso il quale tutti tendiamo e in tutti i campi: dalla scuola allo sport per raggiungere il premio e il primato.
Questo, per dire che il concetto di patriarcato e di patriarca è antico, fa parte in qualche modo dell’essere umano ma pure, come dominio del femminile, del mondo animale, considerato che, come faceva notare nei suoi libri Folco Quilici, presso nessuna civiltà del globo esiste il matriarcato o comunque forme di potere in mano alle donne o dalle donne gestito.
Inoltre, affermano ancora gli esperti, la cosiddetta ‘Generazione Zeta’ subirebbe una maggiore fragilità, anche a fronte della crisi di modelli culturali, familiari e istituzionali. E in modo particolare i maschi che troverebbero un punto di riferimento nella “sopravvivenza dei meccanismi culturali della diseguaglianza di genere”, sperimentando “blocchi emotivi in seguito a vissuti rancorosi per il rischio della perdita della rassicurazione”. Una rassicurazione che può dare il “possesso” di un’altra persona, per cui la possibile perdita metterebbe in moto meccanismi di gelosia. E dunque azioni anche violente.
Di sicuro, tuttavia, il dibattito, dopo tanti femminicidi non si esaurisce e ciascuno avrà una propria visione del fenomeno che sta interessando l’Italia in questi giorni, ma che riguarda anche nazioni civilissime come l’Olanda o la Germania o la Svezia.
Questi riferimenti geografici per dire che quel “patriarcato” con cui avevamo aperto la nostra riflessione macina ancora rancore contro chi lo vuole togliere o uccidere, come avrebbe fatto, ma al contrario, Oreste uccidendo la mamma, Clitennestra. Per Friedrich Engels infatti con quel matricidio l’uomo avrebbe ripreso il potere toltogli dalle femmine. Un altro mito dei greci, insomma, per spiegare tragedie antiche come l’umanità sofferente e sbandata.