A parlare di crisi del sistema educativo è stato lo psicoanalista Massimo Recalcati, intervenuto nella trasmissione radiofonica di RaiRadio 1, Il mondo nuovo.
Nel suo lungo intervento lo psicoanalista ha parlato anche del rapporto docenti-studenti-genitori, affermando: “Lo stato di salute della scuola riflette la condizione comatosa dello stato educativo in generale. La rottura del patto educazionale nella scuola è un fatto evidente. Come diceva Freud, nella figura dei maestri, degli insegnanti, dei professori, i figli proiettano le figure primarie genitoriali, quindi esisteva una continuità tra la figura del genitore e quella dell’insegnante. E con l’esistenza del patto educativo, i genitori si schieravano dalla parte degli insegnanti, condividendo lo stesso obiettivo, l’educazione e la formazione dei figli. Oggi questa alleanza si è fratturata, i genitori sono alleati con i figli e l’isolamento degli insegnanti comporta che qualunque loro azione educativa rivolta agli allievi viene vissuta dalla famiglia come un abuso di potere, come un’ingerenza, come un esercizio autoritario del potere. Nel nostro tempo i genitori tendono a fare i sindacalisti dei figli, in un certo senso. Per un altro verso, invece, gli insegnanti sono investiti di un compito educativo dagli stessi genitori. Nel momento in cui quest’ultimi non riesco a esercitare questo ruolo educativo in famiglia, gli insegnanti si trovano a supplire queste falle nel discorso educativo, infatti si dice spesso che la scuola va ad occupare il vuoto educativo lasciato dalle famiglie. Quindi gli insegnanti si trovano ad avere questo forbice a doppio taglio, da una parte criticati e dall’altra ritenuti necessari”.
L’esperto ha affermato: “Partiamo da una constatazione condivisa e, cioè, dal fatto che oggi c’è una crisi non solo degli educatori, degli insegnanti, dei genitori, ma più in generale del discorso educativo in quanto tale, una crisi generalizzata. Perché c’è questa crisi, questo tramonto dell’autorità simbolica? Per due ragioni fondamentali, secondo me: la prima, il comandamento sociale che governa le nostre vite non è più quello di 30-40 anni fa, che passava attraverso l’imperativo del dovere, devi lavorare, devi fare una famiglia, devi essere un buon cittadino, al prezzo anche del sacrificio e della rinuncia. Adesso il comandamento è cambiato e all’imperativo del dovere è stato sostituito quello del godere. La spinta al godere è una nuova forma della legge. La formula con cui si può riassumere questa spinta è ‘perché no?, perché rinunciare al godimento immediato?’ Ciò mette sottosopra ogni discorso educativo che si fonda sul differimento del godimento”.
E continua ancora: “Chiunque si occupi di educazione si trova in uno stato di afonia, in cui la sua parola ha perso peso, ha perso autorità simbolica e questo genera smarrimento. La definizione del limite non è, però, un’oppressione repressiva della vita, il limite consente il gioco della vita. C’è stato in passato un abuso nel porre limiti, ma non è questo il caso. Il termine educazione ha due etimologie possibili, la prima che deriva da educere, condurre sulla giusta via, e che rischia di scivolare verso una rappresentazione autoritaria dell’educazione; ma ce n’è un’altra che riporta educere al termine seducere, che nel suo significato etimologico significa condurre in disparte, portare altrove, di fronte al nuovo, al diverso. Ed è proprio questa immagine di apertura alla vita che dovrebbe essere recuperata, proprio perché il limite non è sinonimo di reprimere”.
Come si fa ad uscire da questa situazione attuale? A questo Recalcati risponde che “il nostro tempo accentua la tendenza nostalgica al recupero dell’autorità. Secondo me per uscire da questo empasse le vecchie generazioni debbano avere fiducia nelle nuove generazioni, ma con un’aggiunta: ricostruendo una nuova alleanza tra le generazioni. Inoltre, la parola del padre, sebbene questa figura non sia più quella della tradizione del patriarcato, deve continuare ad avere un peso”.
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