Ricordiamo che durante i Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento – ex Alternanza scuola lavoro) gli studenti sono equiparati ai lavoratori nel contesto della sicurezza. Ovviamente è prevista obbligatoriamente una formazione generale ai sensi del decreto legislativo n. 81/2008 e successive modificazioni, definito anche Testo Unico in materia di “tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro” .
E a proposito dell’Alternanza scuola-lavoro o di stage dei ragazzi che frequentano corsi di istruzione delle scuole superiori o di formazione professionale nell’ambito dei quali occorre frequentare laboratori oppure utilizzare determinati strumenti e macchinari, sottolineiamo che la tutela non deve fare riferimento esclusivamente all’utilizzo di attrezzature e materiali, ma anche alle caratteristiche specifiche che devono avere i locali in cui si svolge l’attività.
Il ministro del lavoro, Andrea Orlando, ha detto (sperando che alle parole seguano i fatti): “si tratta di fare in modo che non si vada semplicemente in luoghi di lavoro ma in luoghi che abbiano una sorta di certificazione ulteriore, una specie di bollino blu”.
Excursus storico delle tappe dell’alternanza scuola-lavoro
Come illustra in un efficace “excursus storico” lindipendente.online, in effetti l’alternanza scuola-lavoro fu introdotta con la legge n. 53/2003 (governo Berlusconi e ministra dell’Istruzione Letizia Moratti) e disciplinata tramite il D.L.vo n. 77 del 2005. Già allora molti videro in quella decisione un’apertura alla “flessibilità” del mercato del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro assunse poi la dimensione di metodo sistematico da introdurre nei piani di studio nel 2010, con la ministra Mariastella Gelmini. Successivamente venne regolamentata e inquadrata come obbligatoria dalla legge n. 107/2015 (la cosiddetta “Buona scuola” di renziana memoria, al Ministero dell’istruzione c’era Stefania Giannini).
Proteste e manifestazioni degli studenti contro l’attuale forma dei Pcto
Peraltro, anche a seguito di eventi tragici e infortuni meno gravi che hanno riguardato studenti delle scuole superiori impegnati nell’alternanza scuola-lavoro (o comunque in stage – non retribuiti – previsti nell’indirizzi di studio dei Centri di formazione professionale dei percorsi regionali), ci sono state molte prese di posizione, proteste e manifestazioni, innanzitutto da parte degli stessi studenti, in particolare nei mesi scorsi.
In realtà l’alternanza scuola-lavoro viene da tanti contestata sia da un punto di vista didattico che organizzativo
In realtà, nel mondo della scuola e in quello del lavoro sono stati in molti a contestare la validità dell’alternanza scuola-lavoro (adesso Pcto) sia da un punto di vista didattico che organizzativo.
Un esempio è quello dei Cobas che in un comunicato di qualche tempo fa non usarono mezzi termini: “L’Asl (Alternanza scuola lavoro), ora pudicamente ridenominata Pcto, insieme agli stage gratuiti e al sotto inquadramento degli apprendisti, costituisce la nuova frontiera del mercato del lavoro, in cui lo scambio non è più tra forza lavoro e salario, ma tra lavoro e formazione, reale o presunta che sia. Spesso si tratta di lavoro gratuito tout court. (…) Chiediamo la sostituzione dell’addestramento al lavoro con la riflessione critica e la formazione approfondita sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro. Noi crediamo che la scuola sia e debba essere altro. Non luogo di precoce addestramento al lavoro ma luogo di formazione dello spirito critico. La formazione è mirata allo svolgimento di un lavoro e il suo ruolo si riduce a quello di fornire le dovute competenze”.
In effetti, come ho sostenuto più volte, le cosiddette “competenze” che da anni anche nel mondo della scuola in tanti esaltano, non sempre con fini didatticamente “nobili”, per essere costruttive devono fare seguito alle conoscenze, allo studio, altrimenti rischiano di servire ad altri e non a se stessi.
E poi su una pagina web de ‘L’indipendente’ pubblicata un paio di mesi fa leggiamo: “l’alternanza scuola lavoro è obbligatoria per studenti a partire dal terzo anno di scuola superiore, poco più che bambini, persone dai 16 anni in su. Si tenga ben presente che la normativa non esclude che i ragazzi possano trovarsi a stretto contatto con attività definite ad «alto rischio», possibilità che anzi viene esplicitamente prevista dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che nelle linee guida si limita a precisare che in caso di attività classificate ad alto rischio ci debbano essere più tutor di supporto”.
Sicurezza della salute anche per il personale della scuola
Parlando di sicurezza sui luoghi di lavoro, peraltro, chiaramente non va trascurata quella del personale che lavora nelle scuole. Per i docenti, ad esempio va anche considerato il rischio di varie problematiche (dalle ‘malattie professionali’ ai problemi oculari in caso di esposizione prolungata a schermi digitali, cosa ovviamente da tenere in considerazione pure per tutto il personale scolastico e per gli stessi alunni) e poi la gestione dell’orario di lavoro in relazione al “diritto alla disconnessione” contenuto nell’art. 19, comma 1 della legge n. 81/2017, che riguarda “L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile” anche con l’individuazione dei “tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Ricordiamo inoltre che novità in materia di sicurezza sul lavoro, introdotte dalla Legge n. 215/2021, che ha apportato una serie di modifiche al Testo Unico sulla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di Lavoro, disciplinato dal D.L.vo 81/2008 (che assorbiva pure il D.L.vo n. 626/94, il quale riguardava anche l’obbligo della valutazione del rischio da parte del datore di lavoro e introduceva la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza eletto dai lavoratori stessi), riguardano anche il settore della scuola (nello specifico, la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole è fissata ogni anno nel mese di novembre).
Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Inail: in Italia raddoppiate le denunce di infortuni
Intanto l’Inail oggi ha ulteriormente aggiornato i dati: infatti nell’articolo da noi pubblicato stamattina si faceva riferimento ai dati forniti dall’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro nei primi due mesi di quest’anno, mentre adesso il periodo viene esteso sino al 31 marzo.
In occasione della Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro che si svolge il 28 aprile l’Inail ha precisato, spiegando che si tratta di dati provvisori, che le denunce di infortuni presentate tra gennaio e marzo sono state 194.106 con un aumento del 50,9% rispetto allo stesso periodo del 2021. Le denunce di incidenti mortali nel primo trimestre sono state 189 (+2,2%) e sono in aumento anche le patologie di origine professionale con 14.517 denunce (+6,9%).
Per cercare di superare quella che alcuni hanno definito l’ “indignazione del giorno dopo” (salvo poi abbandonare al loro destino proposte e disegni di legge), si lavora a un testo unico (come ricorda in un articolo odierno larepubblica.it) “che raccolga tutte le varie proposte di legge disperse in Parlamento e dintorni, con l’obiettivo (difficile) di approvarlo entro la fine della legislatura”.
Il Testo unico “modificherà norme già esistenti e ne introdurrà di nuove”, spiega il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro, Gianclaudio Bressa, con “l’obiettivo di produrlo a fine maggio insieme alla relazione conclusiva della Commissione e, facendolo partire dal Senato, portarlo ad approvazione definitiva entro il termine della legislatura».
Anche un articolo de Ilgiorno.it segnala come i dati rilevati a livello nazionale al 31 marzo di quest’anno evidenzino un incremento rispetto allo stesso primo trimestre del 2021, con riferimento sia ai casi avvenuti in occasione di lavoro, come a quelli accaduti nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro. Ed evidenzia pure che incrementi degli infortuni in occasione di lavoro si osservano in tutti i settori produttivi, in particolare nei Trasporti e magazzinaggio (+166,9%), nella Sanità e assistenza sociale (+110,4%) e nell’Amministrazione pubblica (+73,8%).
Inoltre, si legge nel suddetto articolo: “l’analisi territoriale evidenzia un incremento delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese: più consistente nel Sud (+64,3%), seguito da Nord-Ovest (+63,4%), Isole (+60,7%), Centro (+51,3%) e Nord-Est (+31,8%). L’aumento che emerge dal confronto di periodo tra il 2022 e il 2021 è legato sia alla componente femminile, che registra un +72,9% (da 51.550 a 89.130 denunce), sia a quella maschile, che presenta un +36,1% (da 77.121 a 104.976). (…) Dall’analisi per classi di età emergono incrementi generalizzati in tutte le fasce. Quasi la metà dei casi confluisce nella classe 40-59 anni”.
Le morti e gli infortuni sul lavoro rappresentano ancora una piaga da debellare. Sono sicuramente necessari, accanto ad un impegno collettivo per la creazione e la promozione della cultura della sicurezza e della salute sul lavoro, l’applicazione di una costante e accurata prevenzione nonché controlli più serrati.