Ha creato non poche polemiche l’intervento di un nostro lettore sul tema del PDP (Piano didattico personalizzato) che egli definisce una vera e propria “moda” che sta contribuendo ad abbassare i livelli degli apprendimenti e addirittura a “mandare in rovina” il nostro sistema scolastico.
Le cose, ovviamente, stanno in modo molto diverso.
Il PDP è uno strumento espressamente previsto dal decreto ministeriale 5669 del 2021 che “individua, ai sensi dell’art. 7, comma 2, della Legge 170/2010, le modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, le misure educative e didattiche di supporto utili a sostenere il corretto processo di insegnamento/apprendimento fin dalla scuola dell’infanzia, nonché le forme di verifica e di valutazione per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con diagnosi di disturbo specifico di apprendimento”.
Nel concreto, il PDP è uno strumento che consente forme di personalizzazione a sostegno di alunni con comprovate difficoltà.
E, con il termine comprovate, si intende dire che le difficoltà devono essere adeguatamente certificate da personale specializzato; cioè, per adottare il PDP, il consiglio di classe deve partire anche da una diagnosi.
I casi più frequenti sono quelli legati alla dislessia che da alcuni decenni la ricerca scientifica ha individuato come un particolare disturbo che necessità specifici interventi metodologici e didattici.
Un tempo la dislessia non era riconosciuta e gli alunni che ne “soffrivano” venivano spesso considerati svogliati o poco attenti e quindi si tendeva a far loro ripetere attività ed esercizi.
Ormai, però, la ricerca ha appurato che i soggetti con dislessia possono superare le proprie difficoltà non con la banale ripetizione di attività ma con interventi mirati o con l’uso di materiali didattici appositi.
Per esempio si è scoperto che anche l’uso di appropriati “font” può essere di grande aiuto nella lettura e nella comprensione di un testo ed è così che, da diverso tempo, esistono anche libri per la “lettura facilitata”.
Ma anche programmi per la sintesi vocale che permettono di “ascoltare” un testo anziché leggerlo, possono essere di aiuto per una migliore comprensione del testo.
Anche la discalculia è ormai riconosciuta come disturbo specifico e gli alunni che hanno una diagnosi di questo genere potrebbero avvalersi di strumenti compensativi come la calcolatrice semplici formulari.
Il PDP, in sostanza, non prevede affatto “obiettivi minimi” ad hoc per gli alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento) quanto piuttosto misure didattiche che consentano a tutti gli alunni, compresi quelli con DSA, di raggiungere gli obiettivi previsti dalle Indicazioni nazionali e di esprimere al meglio le proprie capacità e potenzialità.
Il PDP non è neppure una “moda” perché è uno strumento espressamente previsto da una legge dello Stato (legge che – è bene ricordarlo – venne approvata nel 2010 in modo assolutamente “trasversale” con il voto favorevole di tutte le forze politiche).
Infine va chiarito che, soprattutto nella scuola secondaria, il PDP non va inteso come una sorta di “lasciapassare” per avere la certezza della promozione alla classe successiva anche se i criteri per la valutazione degli alunni per i quali è stato predisposto il PDP devono essere personalizzati.
Insomma, più che una moda il PDP è un obbligo che la scuola è tenuta ad assolvere nel caso di diagnosi presentate dalla famiglia. Ci sono i PDP redatti per gli alunni in situazione di svantaggio socio-culturale che prescindono da una specifica diagnosi ma su questo torneremo con altri approfondimenti.
Che poi, in alcune situazioni, possano esserci eccessi o cattive applicazioni delle norme di legge è anche possibile, ma questa è un’altra questione e va affrontata anche con azioni e interventi formativi rivolti ai docenti, alle famiglie e ai dirigenti scolastici.
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