Dove la dispersione scolastica fa numeri incredibilmente alti come quelli dei Quartieri Spagnoli di Napoli – parliamo di punte del 36% – la scuola deve inventarsi qualcosa di diverso per tenere i bambini e i ragazzi in classe. Ed è quello che ha fatto Rachele Furfaro, ex assessora e insegnante, intervistata da Repubblica.
Sul modello dell’attivismo pedagogico di John Dewey, per il quale l’insegnante lavora a costruire una relazione di alleanza più che di rivalità con gli alunni, puntando su un apprendimento che nasce dal fare (gite e viaggi d’istruzione, attività sportive e scientifiche, lavori manuali) e non dallo studio mnemonico, Rachele Furfaro negli anni, dal 1985 a oggi, dai primi 8 studenti agli attuali1.300, divisi dal nido al primo ciclo delle medie, ha sperimentato un modello di scuola diffusa, che si sposta, sempre in movimento, che vive a pieno il territorio.
Racconta l’insegnante sulle pagine di Repubblica: “Pensare che l’apprendimento possa accadere nel chiuso delle quattro mura è miope. E stare seduti 8 ore al giorno è folle. La scuola deve essere un luogo di avventura, da cui partire e a cui tornare. Bisogna farla entrare nel mondo e far entrare il mondo nella scuola. Andiamo a Capodimonte come se fosse casa nostra, senza bisogno di patti territoriali. E poi a teatro, alle mostre, tre notti per anno le passiamo fuori, a Posillipo, per capire le costellazioni e i miti greci. D’estate organizziamo campi scuola, con lezioni di nuoto e basket, per quelli che non possono fare vacanze. Dal 2017 abbiamo dato vita alla scuola diffusa per ragazzi tra gli 11 e i 13 anni”.
E continua: “Portiamo i bambini in panetteria per studiare la chimica, in cioccolateria per la geografia partendo dal cioccolato. Poi chiediamo di scrivere sulle esperienze brevi testi, anche pieni di errori, perché molti a casa parlano in dialetto. In questo modo il quartiere si fa carico dei ragazzini” strappandoli alla criminalità e alla camorra.
Tra le iniziative di grande coinvolgimento per i bambini, quella di intessere una fitta corrispondenza con Dante e Calvino, o di ricevere poesie da Baudelaire, Neruda, Hikmet e disegni da Kandinskij. Un gioco che crea l’attesa – spiega la ex assessora – che nasce dalla voglia di leggere la missiva e di rispondere, a prescindere dal fatto che si creda o meno che l’interlocutore sia davvero Italo Calvino.
Insomma, forti competenze didattico-pedagogiche e una motivazione altrettanto spiccata, in mano a un’insegnante sono strumenti rivoluzionari, sufficienti a fare una scuola diversa. Il rammarico espresso da Rachele Furfaro riguarda l’occasione persa, in pandemia, per riorganizzare il sistema scuola alla base, strappandolo alla burocrazia e al vuoto di idee. Peraltro, i fondi del Pnrr – lamenta sempre l’insegnante – distribuiti per la lotta alla dispersione, non sembrano avere centrato i target giusti. Una polemica, quella sulla distribuzione dei finanziamenti contro la dispersione scolastica, che rappresenta una ferita aperta, per via del modo in cui il Ministero ha scelto di vincolare il denaro a criteri molto semplificati, legati essenzialmente agli esiti degli apprendimenti Invalsi e ai tassi di abbandono scolastico, senza alcuna considerazione, ad esempio, relativa ai tassi di istruzione e di disoccupazione della popolazione del territorio, alla percentuale di studenti stranieri o con bisogni educativi speciali presenti nelle singole scuole, e a molto altro, con il risultato finale che i soldi sono arrivati spesso a scuole che ne avrebbero poco bisogno, contestano molti dirigenti scolastici, e non a scuole in situazione di reale disagio.
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