La pedagogia cooperativa (da non confondere con il cooperative learning, modello di provenienza anglosassone) nasce dall’esperienza del maestro francese Célestin Freinet e della moglie Élise Lagier Bruno. È’ un’esperienza storica che è riuscita ad arrivare fino noi rinnovandosi nel tempo grazie agli educatori/insegnanti di molti Paesi del mondo e dei loro movimenti. VAI AL CORSO
Ha scritto Freinet: “Nessuno, il ragazzo non più dell’adulto, ama essere comandato d’autorità”. Freinet si riferisce all’autorità autoritaria, non alla legittima autorità di garanzia che tutela le leggi fondative della convivenza (divieto della violenza, ecc). Autoritario è non solo imporre regole che possono essere discusse insieme, ma anche presentarsi come detentori di una sapere precostituito (la materia come “sapere proposizionale”, secondo la bella espressione Jean Pierre Astolfi) invece di porsi nell’ottica della ricerca e della problematizzazione.
Per questo, nella pedagogia Freinet, all’autorità imposta dall’alto si sostituisce la disciplina cooperativa. Nella classe cooperativa la disciplina è rappresentata dall’ordine e dall’equilibrio del lavoro, da un’organizzazione precisa del tempo e degli spazi.
La cooperazione è dunque il principio di fondo della pedagogia Freinet, che non è il semplice aiuto reciproco ma un modo di mettere in relazione il progresso di ogni allievo (la sua emancipazione, i suoi progressi negli apprendimenti) con quello del collettivo classe. Nella classe cooperativa ogni ragazzo ha la possibilità di lavorare da solo nelle aree in cui si trova più a suo agio o che lo interessano di più. Si tiene conto, dunque, dell’eterogeneità degli allievi alternando attività individualizzate, attività di gruppo, attività collettive. La cooperazione non è un valore generico ma qualcosa di molto concreto e materiale.
Si realizza, infatti, grazie alle “tecniche”, che possono essere raggruppate in cinque aree: espressione libera, ricerca, comunicazione, valutazione, organizzazione cooperativa. L’insieme di queste “tecniche” va a costituire un sistema pedagogico alternativo alla pedagogia tradizionale, tuttora prevalente nella scuola, fondata sull’insegnamento simultaneo e collettivo, su classi omogenee per età, sulla separazione tra il sapere e il “fare”, tra la scuola e la vita. Per superarla, infatti, non è sufficiente introdurre qualche lavoro di gruppo, una lezione “partecipata” e qualche dibattito, lasciando però intatta la struttura organizzativa: lezione collettiva, valutazione “bancaria” (voti), ecc.
Se “non si può fare bere un cavallo che non ha sete”, come ricordava Freinet, bisogna coinvolgere il cavallo; non semplicemente attendendo che abbia sete, ma facendogliela venire. Da lì, dalla libera espressione, inizia dunque il percorso che porta poi alla ricerca e alla condivisione di quanto si è appreso (comunicazione). È questo il compito difficile e affascinante di un insegnante educatore che ha chiaro il compito della scuola: insegnare a pensare con la propria testa e ridurre il peso dei determinismi sociali che conducono all’esclusione di molti ragazzi.
Su questi argomenti il corso Pedagogia cooperativa: le pratiche Freinet nella scuola, in programma dal 9 febbraio, a cura di Enrico Bottero ed Elisa Amato.
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