Anche i miti se ne vanno. Solo così diventeranno delle leggende. Dobbiamo pensare che è questo il motivo che ci ha portato via, a 82 anni, sul finire del 2022, Edson Arantes do Nascimento, noto come Pelé. È stato il giocatore che prima di tutti (ma probabilmente meglio di tutti) ha rappresentato l’essenza, la perfezione e l’arte che trapela giocando a calcio: le movenze sul rettangolo di gioco, cariche di forza e agilità soprannaturali, hanno saputo mettere tutti d’accordo.
Mario Sconcerti, grande giornalista scomparso nemmeno due settimane fa, l’ha felicemente definito “patrimonio del calcio e dell’umanità, il migliore di sempre”, con oltre 1.200 reti segnate alcune delle quali perle uniche, inimitabili.
Pelé è stato un uomo geniale, come atleta e anche senza scarpini: molto più di un fuoriclasse, arrivando a vestire pure la “maglia” di ministro dello Sport brasiliano.
“Tutto ciò che siamo è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace”, ha scritto su Instagram, una delle figlie di Pelé, Kelly Cristiina Nascimento, per annunciare che il cancro al colon, scoperto nel 2021, si è portato via il padre.
L’ospedale israelita Albert Einstein di Rio de Janeiro dove era ricoverato da un mese ha spiegato che il decesso è avvenuto “per il cedimento di più organi, conseguente alla progressione del cancro al colon associato alla sua condizione medica precedente”.
Quelli che non cederanno mai, però, sono gli enormi valori, così grandi da sollevare da solo un Paese, il Brasile, che quest’uomo ha saputo trasmettere: un genio, un mito, una leggenda. Non solo per il calcio.
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