Daniel Pennac, oltre a essere scrittore affermato, è pure professore di lettere e a Mantova, al Festivaletteratura, ha detto:
«Il mio primo posto da insegnante mi capitò nel 1969. Il primo giorno sono entrato a scuola, sono andato in aula professori e tutti i miei colleghi più anziani, dei vecchi professori di sessanta-settant’anni, mi accolsero come si accoglie un novellino, un principiante. Mi ricordo che una delle prime cose che mi dissero fu: “Sai, ormai non leggono più…”. Ed è una cosa che ho sentito mille altre volte nel corso di tutta la mia vita: non leggono più per colpa della televisione, o per colpa dei videogiochi, della pigrizia, del consumismo. Ok, benissimo, non leggono più. E allora dissi ai miei colleghi, “Voi? Voi leggete? Cosa leggi tu?”, chiesi al mio collega di filosofia. Lui mi rispose che leggeva saggi, per preparare le lezioni, per tenermi aggiornato. “E cos’altro”, gli chiesi. “Mah”, rispose, “confesso che non amo molto i romanzi, in generale”.
“Quindi”, gli dissi sorridendo, “in fondo non leggi niente neppure tu? Sei un tecnico della filosofia che non legge altro che filosofia per fare dei corsi di filosofia. E vieni a dire a me che i ragazzi non leggono più? Ma nemmeno tu leggi più”. E allora chiesi al collega di Storia. Sai cosa mi rispose? La stessa cosa. Questo vuol dire che questa concezione della lettura come mero principio del dovere non c’entra nulla con il desiderio di leggere e di far leggere. È solo un’attività pedagogica. Dire che i ragazzi non leggono non ha senso. E infatti lo si dice da oltre 50 anni. Ogni volta cambia solo il pretesto. Una volta la televisione, poi il divorzio, poi i cellulari, le serie tv, chissà quale sarà il prossimo nemico numero uno della lettura. Ma sta di fatto che, da 50 anni, nessuno legge più.
L‘unica ragione per cui dei ragazzi scolarizzati non leggono è che i loro professori non sono in grado di condividere con loro le proprie letture. E perché non sono in grado di condividere con i loro ragazzi le loro letture? Perché non leggono. Perché leggono soltanto libri specializzati, tecnici, sulla propria materia. E i professori di lettere? Dagli anni Sessanta agli anni Novanta, per trent’anni, non si sono interessati che allo strutturalismo, alla semiotica e a tutto ciò che era teoria della Letteratura. Non leggevano letteratura, leggevano metaletteratura. E avevano anche il coraggio di dire ai ragazzi che erano loro a non leggere. Che idioti…
Perché dire che i giovani non leggono più significa fare un confronto. Ma in rapporto a quando non leggono più? In confronto al 1869? Eh no, perché rispetto a un secolo prima è imparagonabile la quantità di lettori che ci sono in Europa, c’è stata la democratizzazione delle scuole, la scuola dell’obbligo e via dicendo. Molto bene, e invece in rapporto a dove, non leggono più? In confronto al Texas? Eh no.
C’è un sacco di gente, professori per di più, che da cinquant’anni si lamentano che non legge più nessuno.
Nonostante questa interessante autovittimizzazione del mondo letterario direi che c’è al contrario una iper produzione, un’inflazione delle pubblicazioni».
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