L’obiettivo è ambizioso, ossia porre fine all’utilizzo dei minori in guerra da parte delle forze governative entro il 2016.
Secondo i dati dell’Unicef, 250 mila bambini e ragazzi sotto i 18 anni nel mondo sono costretti a combattere. Attualmente otto Paesi risultano coinvolti sistematicamente nel fenomeno: sei di questi – Afghanistan, Chad, Sud Sudan, Birmania, Somalia e Congo – hanno sottoscritto piani di azione con l’Onu. Altri due – Yemen e Sudan – hanno espresso il loro impegno per porre fine alla pratica e stanno ultimando l’accordo con l’organizzazione internazionale. “Il reclutamento e l’impiego dei bambini da parte delle forze armate deve finire”, ha avvertito il direttore esecutivo dell’Unicef, Anthony Lake.
“Quando aiutiamo un ex bimbo soldato a superare questa esperienza terribile e a prepararsi per un nuovo futuro, facciamo qualcosa di più che salvare una vita spezzata – ha aggiunto – Cominciamo a curare le ferite di una Nazione lacerata dalla guerra”.
Il Consiglio di Sicurezza inoltre ha adottato all’unanimità una risoluzione sui minori nei conflitti armati co-sponsorizzata da 40 Paesi, tra cui anche l’Italia. Nel documento approvato dai Quindici si pone l’attenzione anche sulle cosiddette ‘military schools’, le scuole usate come obiettivi militari, caserme o luoghi di tortura. “In troppe parti del mondo gli attacchi contro i minori sono svolti in un clima di impunità”, ha detto l’ambasciatore Sebastiano Cardi, rappresentante permanente dell’Italia al Palazzo di Vetro, nel corso del dibattito in Consiglio.
Cardi ha ricordato che in caso di gravi violazioni al diritto internazionale, gli Stati membri dello Statuto di Roma devono far ricorso alla Corte Penale Internazionale, di fronte all’incapacità’ dei sistemi giudiziari nazionali di farsene carico. “Ogni bambino e bambina che salviamo dal flagello della guerra – ha concluso – rappresenta la speranza per un futuro migliore”.
Quello dell’utilizzo dei minori in guerra è un problema che riguarda in particolar modo in Africa e Asia, ma avviene anche in Paesi delle Americhe, in Europa e in Medio Oriente, tanto che viene definita dall’Onu una “questione globale”. Per questo, come ha sottolineato il rappresentante speciale di Ban Ki-moon per i bambini e i conflitti armati, Leila Zerrougui, “è giunto il momento per il mondo di voltare pagina e porre fine una volta per tutte a questo fenomeno”. Poichè, come ha detto il segretario generale, i bambini “vanno protetti, non sfruttati”. (Ansa)
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