Quasi fuori tempo massimo, al ministero dell’Istruzione arriva una risposta al problema dei tanti docenti e Ata, soprattutto del Lazio, che ancora non sanno se potranno andare in pensione dal prossimo 1° settembre, a causa del mancato accertamento di alcuni periodi della carriera svolta: al tavolo di lavoro attivato con l’Inps dal neo ministro, Marco Bussetti, lunedì 25 giugno è stato deciso di intensificare la collaborazione con l’ente di previdenza nazionale, proprio per facilitare lo scambio dei dati e delle informazioni tra le due istituzioni.
“Tra gli obiettivi primari sottoposti all’attività del tavolo – fanno sapere da Viale Trastevere – c’è quello di velocizzare il dialogo tra uffici territoriali del Miur e dell’ente previdenziale e far ‘parlare’ tra loro i rispettivi sistemi informativi, agevolando l’inserimento e il reperimento di quelle informazioni che consentono di accertare il diritto alla pensione del personale docente”.
In questa prima fase, l’attenzione del tavolo sarà rivolta principalmente, continua il Miur, “a quei docenti che hanno incontrato difficoltà nella ricostruzione della carriera e per i quali è stata registrata una non coincidenza tra il servizio prestato negli anni Settanta e Ottanta come supplenti e quello risultante dagli archivi Inps”.
“Ringrazio il Presidente Boeri per la disponibilità manifestata – ha detto il ministro Bussetti -: il dialogo fra noi e l’Inps è fondamentale per agevolare il lavoro dei nostri uffici periferici e per lo svolgimento dell’attività istruttoria necessaria per il riconoscimento del diritto alla pensione del personale docente”.
“Per questo siamo intervenuti immediatamente, recependo le richieste che venivano dal territorio. Lavoreremo velocemente per affrontare al meglio le criticità e avviare una nuova modalità di scambio dei flussi informativi che renda più efficiente l’attuale sistema”.
Il tempo a disposizione, però, è veramente poco: i pensionamenti vanno dichiarati il prima possibile, perché i posti che si libereranno devono essere messi a disposizione per la mobilità (operazione che per i trasferimenti per il primo ciclo è già “saltata”), per le immissioni in ruolo e, qualora non siano stati coperti in precedenza, per le supplenze annuali fino al 31 agosto 2019.
Inoltre, bisogna dare risposte concrete a migliaia di dipendenti – docenti, Ata e dirigenti scolastici – che hanno i requisiti per lasciare il lavoro, ma che per un “cavillo”, quasi sempre legato alla parte della ricostruzione di carriera relativa agli anni di supplenza, rischiano concretamente di vedersi negato il diritto ad andare in pensione.
In questi casi, ricordiamo che se il dipendente riesce a dimostrare in qualche modo l’avvenuta supplenza, l’amministrazione che sta lavorando il pensionamento, ha piena facoltà di produrre autonomamente il certificato necessario ad avallare il servizio. Il problema, anche in questo caso, sono i tempi ristretti a disposizione: gli uffici, infatti, hanno grosse difficoltà a smaltire le tante richieste che stanno pervenendo.
Allargare tale possibilità, delegando la possibilità di produrre la certificazione mancante anche ad altri impiegati, che operano per un’altra amministrazione, potrebbe così risolvere l’antipatica situazione che si è venuta a creare.
Un’ultima notazione: le domande di pensionamento sono state prodotte sei mesi fa. Come mai si è arrivati al 25 giugno per capire che c’era bisogno di un coordinamento per chiudere migliaia di pratiche incomplete? Dai dirigenti Miur degli Uffici Scolastici sarebbe il caso che giunga più di qualche spiegazione.
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