I lavoratori ultra-sessantenni sgomitano per lasciare il lavoro, sono alla finestra per capire se potranno fruire dell’anticipo del Governo, la cosiddetta quota 100, così da aggirare l’innalzamento imposto dalla Legge Fornero e dall’elevazione dell’aspettativa di vita. Ma siamo sicuri che andare in pensione prima del tempo fa bene alla salute? I numeri dicono il contrario, in particolare per gli uomini.
Da uno studio empirico realizzato in Austria, risulta che per le donne il prepensionamento non ha effetti sulla mortalità, mentre per gli uomini ve ne sono anche pesanti: tra i maschi, ogni anno di anticipo, sostengono i ricercatori, ridurrebbe di due mesi l’aspettativa di vita.
Soprattutto tra gli operai (meno per impiegati) e tra coloro che hanno già avuto problemi di salute.
L’autore della ricerca, Josef Zweimuller, dell’università di Zurigo, ne ha parlato il 13 dicembre, nel corso della prima giornata per la chiusura delle celebrazioni dei 120 anni dell’Inps.
Quello presentato, ha detto il presidente Inps, Tito Boeri, è uno “studio di particolare interesse, anche alla luce delle scelte che si stanno facendo nel nostro Paese”.
“Non si valuta abbastanza – ha continuato il numero uno dell’Inps – il fatto che le persone che sono spinte fuori dal lavoro possono poi avere problemi di salute. Dare la possibilità di uscire prima si pensa sia sempre positivo, invece quelle persone a volte soffrono per gli anni successivi al pensionamento. Dobbiamo inoltre tenere conto che non è sempre una scelta volontaria”.
Boeri ha affermato, quindi, che “obbligare una persona a non lavorare a quell’età può avere effetti negativi”.
Mentre se l’età pensionabile aumenta, non si conoscono anche gli esiti: “Sarei interessato ad uno studio empirico sulla riforma pensionistica italiana nel 2020 e a vedere il tasso di mortalità”, ha concluso Boeri.
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