Lo abbiamo scritto a chiare lettere: se l’Ape è questa, in pochissimi aderiranno. A sostenerlo, ora, è anche l’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero.
Per la Fornero, a colloquio con l’Ansa, l’anticipo pensionistico su base volontaria (fino a quasi 4 anni, quindi permettendo di lasciare 63 anni compiuti) costerà verosimilmente, per la restituzione e l’assicurazione del prestito, oltre il 25% dell’importo della pensione per 20 anni. Che si traduce in quasi 500 euro in meno su un assegno che, secondo le simulazioni di questi giorni, da 1.297 euro si “sgonfierebbe” 811 euro: poco più di una pensione sociale.
Per l’ex ministro non vi sono dubbi: si tratta di un’operazione non conveniente che si tradurrà con ogni probabilità in un scarso utilizzo dello strumento.
Vi riportiamo, qui di seguito, l’intervista concessa da Elsa Fornero all’agenzia nazionale.
D: Cosa pensa del meccanismo studiato per l’anticipo pensionistico su base volontaria?
R: La mia impressione è che si sia adottata questa soluzione ben sapendo che sarà scarsamente utilizzata. Sono stata scettica sul Tfr in busta paga e lo sono sull’Ape volontaria. Economicamente non è conveniente indebitarsi per uscire prima dal lavoro, e la stragrande maggioranza delle persone non lo farà. Ci saranno eccezioni, per ragioni famigliari o personali, ma non si tratterà di un numero rilevante.
D: Per l’Ape agevolata, quella a carico della finanza pubblica, non è ancora stata definita una platea. Non si rischia di aprire un buco nero?
R: Si rischia di aprire un vespaio o, al contrario, di caricare eccessivamente, il bilancio pubblico. Quando si decide di salvaguardare qualcuno bisognerebbe guardare al reddito e al patrimonio e decidere chi è in difficoltà e merita di essere aiutato. È molto difficile distinguere tra i lavori, si rischiano ingiustizie e nuovi privilegi. Il criterio non può essere solo settoriale, né di categoria: anche nell’edilizia, infatti, ci sono attività o compiti non più faticosi di quelli, per esempio, del commercio. E mi sembra difficile distinguere per singole mansioni o qualifiche. Si rischia di alimentare nuove richieste, magari scarsamente giustificare, oppure di creare inique differenziazioni. Per contro, se si allargano molto le definizioni, ricadiamo nella vecchia abitudine di caricare oneri sulle generazioni giovani e future.
D: Per l’Ape social si parla di uno stanziamento annuo di circa 500-600 milioni.
R: Se si considera un’agevolazione triennale per una persona con una pensione di circa 1.000 euro al mese lo stanziamento richiesto non può essere inferiore ai 30.000 euro. Con 600 milioni annui si finanzia l’uscita di circa 20.000 persone. Nel 2018 saranno forse stanziate risorse aggiuntive ma ci saranno anche nuove uscite. Io penso che sia corretto far rientrare nell’agevolazione solo le persone che sono in una posizione reddituale e di patrimonio meritevole di aiuto da parte del bilancio pubblico; il che significa considerare la situazione economica famigliare e non già quella personale, come avverrà per la quattordicesima, un provvedimento che ha sollevato molte critiche proprio per la non selettività.
D: Per i precoci si è scelta la soglia dei 12 mesi di contributi prima dei 19 anni.
R: Anche in questo caso il problema è proprio la soglia. I lavoratori veramente precoci meritano un alleggerimento dei requisiti per il pensionamento perché spesso sono stati obbligati a rinunciare alla scuola. Quella annunciata, però, sembra una soglia abbastanza larga. Gran parte delle persone oggi vicine all’età della pensione ha cominciato a lavorare prima dei 19 anni. E quindi, nuovamente, c’è un problema di risorse. E’ giusto ricordare che ancora oggi noi siamo tra i Paesi che spendono di più, in percentuale del Pil, per le pensioni, e di meno per le altre spese sociali. C’è veramente da chiedersi se sia una scelta saggia. Un conto è aiutare persone in difficoltà. Un altro è tornare alle vecchie abitudini che hanno portato all’insostenibilità della spesa pensionistica. Non è proprio il nuovo di cui parla spesso il Presidente Renzi.
D: Si parla di un’ottava salvaguardia con le risorse che sono rimaste inutilizzate tra quelle stanziate dal 2011 ad aggi.
R: Queste persone potrebbero rientrare nelle nuove forme di flessibilità assistita. Vale perciò il discorso appena fatto e non mi sembra che la presenza di risorse già stanziate sia un buon motivo per differenziare.
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