Gli ultimi mesi dell’anno regalano nuove speranze ai lavoratori in “odore” di pensione.
Le prime arrivano dalla manovra 2018 che il governo si appresta a varare lunedì 16 ottobre: da più fonti giunge conferma, in particolare, sullo “sconto” pensionistico che favorirebbe le donne: 6 mesi per figlio, un anno per due figli, sino ad un massimo di 2 anni.
Peccato che l’opportunità di lasciare il lavoro prima di quanto indicato nella riforma Fornero, rientri nei parametri dell’Ape social: quindi, per usufruire dello “scivolo” occorre rientrare nella lista delle attività più gravose e logoranti (come macchinisti, facchini, operatori ecologici). Tranne le maestre della scuola dell’infanzia, nella scuola tutti gli altri (docenti, Ata e dirigenti scolastici) rimangono così fuori.
Stando così le cose, i lavoratori che non rientrano nell’Ape social saranno costretti a lavorare fino a 66 anni e 7 mesi. Anzi, dal 2019 si passerà con ogni probabilità a 67 anni pieni.
Intanto, giungono conferme sulla revisione delle oltre 66mila domande respinte dall’Inps per l’Ape social o per l’accesso alla pensione in caso di lavoro precoce con oltre 41 anni di contributi, di cui abbiamo fornito notizia in un altro articolo. La graduatoria dovrebbe essere pronta entro la prossima settimana.
Forniamo ai nostri lettori una scheda realizzata dall’agenzia Ansa sul funzionamento del meccanismo di anticipo e sui requisiti per l’accesso.
La misura “social” è sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, mentre quella per i precoci è stabile.
L’Anticipo spetta ai lavoratori pubblici e privati con almeno 63 anni di età purché siano disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi; soggetti che assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave; invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%; dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro particolarmente difficoltoso o rischioso (tra i quali operai edili, operatori ecologici, facchini, maestri di scuola dell’infanzia, infermieri organizzati su turni ecc). I sei anni si possono calcolare nell’ambito degli ultimi sette.
L’indennità è corrisposta per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia o comunque fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata. Nel caso in cui le risorse finanziarie stanziate siano insufficienti rispetto al numero degli aventi diritto, la decorrenza dell’indennità è differita dando priorità ai richiedenti più anziani.
L’indennità è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1.500 euro) o pari a 1.500 euro se la pensione è pari o maggiore di questo importo. L’importo dell’indennità non è rivalutato. Viene erogato per 12 mesi.
Per ottenere l’indennità è necessario avere almeno 63 anni di età e almeno 30 anni di anzianità contributiva per disoccupati e disabili. Per i lavoratori che svolgono attività difficoltose o rischiose l’anzianità contributiva minima richiesta è di 36 anni; maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi; non essere titolari di pensione diretta. L’assegno è compatibile con lo svolgimento di lavoro dipendente soltanto nel caso in cui i relativi redditi non superino gli 8.000 euro annui e con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo nel limite di reddito di 4.800 euro.
I lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno lavorato almeno un anno prima dei 19 anni, potranno andare in pensione con 41 anni di contributi. Il requisito in futuro (nel 2019) sarà adeguato alla speranza di vita. Potranno fare richiesta i lavoratori precoci disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi, invalidi con un grado di almeno il 74% o coloro che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un’attività gravosa.
La domanda va presentata all’Inps entro il 31 luglio in caso di requisiti raggiunti entro il 2017 e entro il 1° marzo degli anni successivi per i requisiti che si raggiungono entro l’anno. Le domande sono accolte entro il limite di spesa di 360 milioni per il 2017, 550 milioni per il 2018, 570 per il 2019 e per 590 milioni a decorrere dal 2020.
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