Il governo sta studiando delle modalità per mandare in pensione in modo graduale i beneficiari dell’anticipo che entro fine anno dovrebbe vedere la luce, attraverso quota 100 (con almeno 38 anni di contributi) e quota 42-43 (il totale dei contributi riconoscibili).
A confermarlo è stato il vicepremier, nonché ministro dell’Interno, Matteo Salvini nel corso della presentazione di del libro di Bruno Vespa “Rivoluzione. Uomini e retroscena della Terza Repubblica”
“Se mi dicono che di botto se ne vanno in pensione centomila persone in settori chiave dell’amministrazione pubblica come le scuole e gli ospedali è ovvio che non possiamo consentirlo”, ha detto il leghista.
“Dobbiamo provvedere gradualmente e con giudizio per evitare esodi di massa. Perciò nell’arco del 2019 ci saranno tre o quattro finestre per procedere a scaglioni”.
Poi Salvini ha specificato che l’obiettivo del governo “resta comunque quello di quota 41: gli italiani devono sapere che cosa gli succede e quando. Ma dovremo procedere con cautela per evitare che l’Europa ci crocifigga”.
Le parole di Salvini, sulla gradualità delle uscite del personale della pubblica amministrazione, meritano un approfondimento: nella scuola, infatti, la “finestra” di uscita nell’arco dell’anno solare è obbligatoriamente una, quella di inizio settembre.
Si tratta di una condizione necessaria, per evitare che le uscite dal lavoro nel corso dell’anno scolastico si ripercuotano negativamente sugli alunni: sotto forma di cambio coatto degli insegnanti, ricerca dei supplenti, mancata continuità didattica, ecc..
Pertanto, l’esigenza espressa dal vicepremier non può essere applicata ai dipendenti delle scuole, in particolare ai docenti di ogni ordine e grado. Ma c’è dell’altro: come già scritto dalla Tecnica della Scuola, per assistere all’addio dal lavoro anticipato degli 80 mila potenziali fruitori oggi in servizio nella scuola attraverso le nuove quote pensionistiche, questo personale deve avere la possibilità di presentare domanda entro le primissime settimane del nuovo anno solare (si potrebbe indicare come limite la prima decade di febbraio).
E come vada, se nel 2019 o nel 2020, l’esodo dei docenti, degli Ata e anche di qualche centinaio di dirigenti scolastici, sarà comunque comune: è una prospettiva che il ministro dell’Istruzione conosce molto bene, visto che continua a dire che i prossimi concorsi dovranno svolgersi con modalità veloci.
A meno che non si voglia introdurre qualche “paletto” importante ai requisiti utili per l’anticipo: delle forme di incentivazione a rimanere, oppure delle decurtazioni superiori al 10%, frutto di un calcolo svantaggioso, in prevalenza contributivo, degli anni che i lavoratori intendono farsi valere per raggiungere la soglia d’accesso.
Una eventualità, quest’ultima, che salverebbe il governo dall’esodo di massa, rispondendo nel contempo alle pressioni della Commissione Ue e di Standard & Poor’s. Ma anche molta credibilità da parte dei cittadini.
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