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Pensione “coatta” solo con 40 anni di servizio: non valgono più i riscatti

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January 18, 2025

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Un cambio concretizzatosi all’ultima curva, quella che si fa prima di raggiungere il traguardo. La norma, contenuta nel decreto anti-crisi  approvato il 26 giugno dal Consiglio dei ministri, che avrebbe portato obbligatoriamente in pensione tutti i lavoratori della scuola (dirigenti compresi) con 40 anni di contributi generici, comprensivi quindi dei periodi riscattati e del servizio svolto anche al di fuori della scuola, ha subito una sostanziale rettifica: per la formazione dei 40 anni varrà solo il servizio effettivamente svolto.
Nella Gazzetta Ufficiale, pubblicata il 1° luglio, sono infatti inaspettatamente scomparsi i due commi, il 25 e il 26, dell’articolo 17, che nella versione iniziale del decreto introducevano una sorta di soglia massima – i 40 anni appunto – composta dall’anzianità contributiva e non di servizio. La modifica del testo al fotofinish comporta quindi il mantenimento in “vita” della riforma Brunetta, in base alla quale la pensione diventa obbligatoria con 40 anni di “effettivo servizio”.
In termini pratici significa che nel conteggio dell’anzianità lavorativa, che faranno le amministrazioni scolastiche, non verranno contemplati i periodi di lavoro svolti presso un datore di lavoro diverso dall’attuale (il Miur). E nemmeno gli anni del militare e della laurea già riscattati (quest’ultima a proprie spese). Una modifica che pone quindi una brusca frenata alla politica di svecchiamento del personale annunciata nei mesi scorsi da più rappresentanti del Governo.
Tutto il resto del decreto iniziale rimane invece immutato. Quindi anche i sei mesi di preavviso minimo ai lavoratori: obbligo che avrebbe atto slittare la realizzazione del provvedimento nella scuola al 1° settembre 2010. La novità è che, alla luce della versione definitiva, quel giorno non saranno più 7.000 i docenti, dirigenti scolastici e gli Ata su cui avrà efficacia il provvedimento di messa in pensione obbligatoria: molti potranno ancora rimanere in servizio. Sempre, tuttavia, se non abbiano raggiunto (a meno che non siano dirigenti) i 65 anni di età. In questo caso il servizio o i contributi versati non contano: il pensionamento sarà inevitabile.