Va detto subito che la norma non modifica in alcun modo il disposto dell’art. 8 della legge n. 554/88. Pertanto "ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione a carico dell’amministrazione interessata e del diritto all’indennità di fine servizio, gli anni di servizio ad orario ridotto sono da considerarsi utili per intero (comma 2)".
E’ evidente che tale disposto non contrasta in alcun modo con la normativa entrata in vigore di recente: di qui la piena vigenza della norma citata. D’altra parte, il citato art. 9 del D.L.vo n. 61/2000 non fa che esporre in modo più semplice il dettato del comma 3° del menzionato art. 8 della legge n. 554/88, il quale dispone che "per il calcolo del trattamento di pensione e di fine rapporto, tutti gli anni a orario ridotto vanno ricondotti ad anni interi, moltiplicando gli stessi per il coefficiente risultante dal rapporto tra orario settimanale di servizio ridotto ed orario di servizio a tempo pieno". L’effetto sulla pensione, quindi, sarà determinato sull’ammontare dell’importo e non sull’anzianità di servizio necessaria per l’acquisizione del diritto a pensione. Ciò non di meno, si spiega lo stesso la naturale riluttanza da parte dei lavoratori del comparto scuola ad adottare l’istituto dell’orario ridotto. Sono due, infatti, i motivi che ne sconsigliano l’applicazione: da una parte la corresponsione di una retribuzione minima nell’immediato e dall’altra parte la decurtazione dell’importo della pensione; già di per sé inadeguato, specie se si pensa alle tante necessità economiche collegate all’avanzare dell’età.