Altro che addio alla Legge Fornero: la scarsità di risorse pubbliche – con una Legge di Bilancio da 28 miliardi, di cui la maggior parte in debito – costringe il Governo a non attuare alcuna riforma pensionistica. E a fare esattamente l’opposto di quello che, Lega in testa, era stato promesso con la campagna elettorale che ha portato alla vittoria delle elezioni politiche del 2022. Con la Legge di Bilancio 2024 non solo non arrivano le attese forme di flessibilità per anticipare l’uscita dal sistema lavorativo, ma l’età minima (con forte penalizzazione sull’assegno di quiescenza) si sposta avanti di un anno: si passa, infatti, da Quota 103 a Quota 104, sempre però riservata ad almeno 41 anni di contributi riconoscibili. La “stretta” non è da poco: si calcola che ad accedervi saranno non più di 7-8 mila lavoratori.
Insomma la Legge Fornero rimane viva e vegeta, mentre gli anticipi pensionistici Ape Sociale e Opzione Donna si trasformano in un unico fondo per la flessibilità in uscita: solo che l’addio al lavoro si sposta da almeno 62 a 63 anni di età e l’accesso è riservato a chi ha 36 anni di contributi (prima erano 30) e solo per caregiver, disoccupati, svolge lavori gravosi da diversi anni, disabili.
Solamente per le donne si prevedono “sconti” (legati ai figli) e una probabile riduzione degli anni minimi (tra i 30 e i 35). Per tutti gli altri lavoratori non rimane che arrivare ad accumulare almeno 41 anni di contributi: una possibilità che possono vantare davvero in pochi.
Ovviamente, la riduzione dei parametri per l’accesso alla pensione non sembra trovare consensi. A partire dai sindacati.
Secondo il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, c’è poco da esultare: in generale, pensionamenti compresi, sostiene che la manovra è deludente e chiama “Cgil e Cisl ad avviare un percorso unitario di mobilitazione con scioperi regionali”.
In generale, Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, ha detto che quella sulle pensioni è un’operazione da “valutare attentamente”. Certo, ha aggiunto, il Governo avrebbe accolto la richiesta di “assicurare ai pensionati nel 2024 l’indicizzazione rispetto all’inflazione”, ma il resto è da rivedere.
Perché venerdì sera il Governo aveva rassicurato che “nel collegato alla finanziaria si sarebbe tenuto conto delle nostre sollecitazioni” per “dare un segnale forte sulla pensione contributiva di garanzia per i giovani, di allargare e strutturare l’Ape sociale, di incentivare l’adesione alla previdenza complementare e di valutare misure di flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, che per la Cisl rimangono: 41 anni di contributi a prescindere dall’età e la possibilità per lavoratrici e lavoratori di uscire dalle attività lavorative a partire da 62 anni”. Tutti parametri molto diversi da quelli che si stanno approvando.
Secondo il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico, invece “serve una deroga per chi lavora nella scuola, perché non è possibile trattenere in servizio gli insegnanti dopo i 63 anni: gli anni di formazione universitaria, come altri tipi di contributi, devono essere riscattati gratuitamente. Inoltre, il lavoro scolastico deve essere considerato una volta per tutte usurante (non solo in alcuni casi come avviene oggi). Come pure occorre introdurre delle agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari, in modo da rivalutare quello che ad oggi rimane un contributo figurativo da parte dello Stato”.
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