Gli insegnanti e gli Ata che andranno in pensione nei prossimi anni sono destinati a percepire come assegno di quiescenza molto meno dell’ultima retribuzione: è uno degli effetti della riforma Monti-Fornero, che nel lungo periodo produce conseguenze sui compensi dei pensionati sempre più severe. Ad esempio, un docente di scuola secondaria con 35 anni di contributi e 67 anni di età che oggi ha uno stipendio di oltre 2 mila euro al mese netti, si ritroverà da pensionato con un assegno attorno ai 1.600 euro netti, con una riduzione rispetto agli ultimi compensi di fine mese che sfiora i 500 euro.
Per il personale Ata, che può contare si stipendi più bassi, la riduzione è meno consistente, ma sempre forte: un assistente amministrativo, ad esempio, che prima di lasciare il lavoro prende circa 1.500 euro, potrà contare su una pensione di vecchiaia di circa 1.200 euro.
Tutto questo si deve agli effetti sempre più negativi dovuti all’incidenza dei contributi previdenziali contributivi rispetto ai più convenienti retributivi. L’adesione al fondo complementare Espero – con quota minima media inferiore del dipendente pari a meno di 30 euro al mese, che si somma a quella dello Stato delle stesso importo – può essere un modo per mitigare gli effetti di questo gap.
La Tecnica della Scuola ne parla con Francesco Sciandrone, responsabile Pensioni e Previdenza della Uil Scuola Rua: nel corso dell’intervista, il sindacalista ha tenuto a precisare che “coloro che sono andati in pensione negli ultimi anni hanno percepito, tra la liquidazione del fondo Espero e la liquidazione dell’INPS, tra i 10.000 e i 15.000 euro in più rispetto al vecchio calcolo del Tfs”. Sciandrone spiega anche che quei soldi aggiuntivi presi in più grazie ad Espero “sarebbe meglio prenderli in un’unica soluzione subito dopo il pensionamento e ritirarli all’occorrenza dal proprio conto corrente al momento del bisogno”.
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