“Anticipare l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni, contribuisce allo svecchiamento delle aziende e, con il turnover, a favorire l’ingresso delle giovani generazioni nel mondo del lavoro”.
A chiederlo, ribadendo un concetto espresso già nelle scorse settimane, è Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera.
“Un sistema pensionistico che costringe chi ha più di 65 anni a rimanere in attività, con i propri figli e nipoti disoccupati o precari, “è quanto di più stupido, inefficace e antimoderno possa esistere – aggiunge – il premier Renzi deve tenere fede alla parola data e fare del 2016 l’anno della flessibilità previdenziale”, ha detto Damiano.
Per il democratico, dunque, “il Governo se vuole contribuire a risolvere il problema dell’occupazione dei giovani, deve affrontare il tema della flessibilità del sistema pensionistico”.
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Damiano, comunque, sostiene che “il lavoro rimane la priorità per gli italiani anche nel 2016”.
“I recenti dati sull’occupazione dell’Istat indicano un trend positivo nel mese di novembre – conclude – ma questo primo risultato ha bisogno di essere sostenuto e consolidato”.
Quello che non ha detto il presidente della commissione Lavoro della Camera, è che l’eventuale accesso ad un ritorno alla pensione anticipata a 62 anni, non avverrebbe senza oneri per i pensionandi: anche i disegni di legge presentati nel corso dell’ultimo periodo, prevedono una decurtazione dell’assegno pensionistico. La cui entità è proporzionale al numero di anni anticipati. E il prezzo, centinaia di euro mensili, in molti casi viene considerato troppo alto.
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