Le pensioni degli anni Sessanta? Scordatevele, l’Italia non può più permettersele. A ribadirlo è stata l’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero, oggi pensionata, durante un intervento tenuto a Genova.
“Bisogna guardare al futuro della demografia italiana. Il Paese invecchia rapidamente non può permettersi di avere le stesse età di pensionamento di una demografia come quella degli anni Sessanta”, ha detto Elsa Fornero.
“Non vanno mai cambiate le pensioni guardando all’oggi o peggio al passato, bisogna guardare al futuro. L’economia è cambiata: una volta le persone avevano lavori regolari e relativamente ben pagati, oggi i giovani che dovrebbero sostenere gli anziani in pensione hanno lavori precari, discontinui e mal pagati”.
Secondo l’ex ministra del Lavoro del Governo tecnico Monti, “l’insistenza di Salvini per mandare in pensione anticipatamente le persone è sbagliata perché tutti i dati dimostrano che dove il mercato del lavoro funziona c’è spazio per il lavoro degli anziani, delle donne, dei giovani, quindi bisogna cominciare dal mercato del lavoro, non dalle pensioni. È una ricetta fallimentare che abbiamo usato tante volte in passato. Salvini non è certo il primo a farlo, però è il più pervicace”.
Intanto, però, il vicepremier capo della Lega non arretra di un millimetro sulla linea assunta con l’ultima legge di Bilancio, frutto del programma di Governo sottoscritto con il M5S e che ha portato a finanziare Quota 100 per almeno un triennio (a cui quest’anno, dopo un’inizio promettente, hanno aderito circa 27 mila dipendenti della scuola).
“L’Italia – dice Matteo Salvini – dona sei miliardi di euro l’anno alle casse dell’Unione europea, è corretto chiedere quello che è giusto chiedere, ma non il salasso, non il collasso. Voglio proprio sperare che l’Unione europea non pensi a multe, infrazioni, o ci chieda di aumentare le tasse o di mandare in pensione la gente a 70 anni perché la nostra risposta sarà un educato no“.
Per il leghista “il lavoro riparte se si abbassano le tasse alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie, questo vogliamo fare in manovra economica e questo riteniamo di avere il diritto di fare, quindi mi auguro che a Bruxelles si rendano conto che c’è un Paese che ha il diritto-dovere di tagliare le tasse e di crescere, quindi mi rifiuto che qualcuno pensi a multe, commissari, controllori, penalizzazioni”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il leader del M5S Luigi Di Maio, sempre dinanzi ad una prospettiva di sanzioni da parte di Bruxelles.
“Dobbiamo affrontare questa procedura di infrazione per tutelare i conti dell’Italia, ma anche per abbassare le tasse”, ha detto Di Maio.
“Noi saremo responsabili ma non fessi, sia ben chiaro, perché se qualcuno pensa di voler tagliare i servizi, le pensioni le risorse per le scuole e le università troverà un muro in cemento armato nel governo. Quindi responsabilità ma anche lealtà nei confronti degli italiani”.
Gli alleati di Governo, quindi, tornano a parlare la stessa lingua: i provvedimenti di fine 2018 non si toccano.
Il ritorno di “fiamma”, ha portato il Financial Times a titolare un articolo sull’Italia: “Coalizione italiana in guerra fra loro puntano le armi contro Bruxelles”.
Per il quotidiano della City, i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio “sembrano aver indetto una tregua, accettando di perseguire un accordo su costose tasse e impegni di spesa che potrebbero metterli ai ferri corti con il primo ministro Giuseppe Conte ed il ministro delle finanze Giovanni Tria oltre a intensificare uno scontro con Bruxelles”.
Salvini e Di Maio hanno “seppellito l’ascia” con l’obiettivo di “lavorare insieme”.
Ma i due vicepremier, scrive ancora il Financial Times si sta “avviando verso uno scontro con Conte e Tria”: due figure considerate “politicamente neutrali che hanno promesso di evitare uno scontro con Bruxelles sulla procedura del deficit di bilancio”.
“Temendo che una mancanza di prudenza possa esporre l’Italia a una perdita di fiducia dei mercati, Tria e Conte – sostiene il quotidiano – hanno detto di essersi impegnati a evitare le sanzioni Ue e vogliono che i partner della coalizione riducano gli impegni di spesa, sul reddito di cittadinanza o le pensioni” a quota 100.
Anche perché qualora “Roma non riuscisse a colmare il deficit, sarebbe teoricamente obbligata ad aumentare l’Iva l’anno prossimo per circa 23 miliardi di euro“, conclude il Financial Times.
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