Il Governo Gentiloni non vuole cedere: continua a dire no sia sugli anticipi pensionistici, sia sul freno all’innalzamento della soglia a 67 anni dal 1° gennaio 2019.
Le risorse a disposizione verranno tutte impiegate a favore dell’occupazione giovanile. A ribadirlo, dopo il no dei giorni scorsi, è stato il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, parlando la sera del 28 agosto a margine di un dibattito su “Economia, lavoro e partite Iva” alla Festa dell’Unità di Genova.
“Non c’è alternativa giovani-vecchi: chi governa deve essere in grado di scegliere delle priorità perché le risorse non sono infinite”.
Per il viceministro, quindi, non ci sarebbe nessuna guerra fra generazioni: il Governo vuole realizzare manovra “strutturale” a favore dell’occupazione giovanile. “Penso che una grande forza di sinistra che guarda al futuro del Paese non può non tenere conto di quella che è una vera e propria tragedia sociale, cioè il lavoro che manca per i giovani. Se avremo ulteriori risorse potremo fare molto di più ma non bisogna disperdere le poche che abbiamo in dieci obiettivi perchè nessuno sarebbe realizzato”, conclude Morando.
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I soldi in più, però, difficilmente usciranno fuori. Anche se l’aspettativa di vita ha fatto registrare un inaspettato calo e quindi l’innalzamento 67 non è giustificabile. Lo sanno bene i democratici, che da alcuni giorni fanno pressing per ulteriori interventi sulle pensioni. Innescando più di un mal di pancia in seno al PD.
Sembra che lo pure lo stesso Matteo Renzi, che del Pd rimane il leader e ormai impegnato quasi a tempo pieno nella piena campagna elettorale per il dopo Gentiloni, guardi con interesse ad un eventuale “ciambella di salvataggio” gettata all’ultimo momento ai tanti pensionandi che la riforma Fornero ha costretto a rimanere in servizio per troppi anni.
L’ex premier sa bene che molti di quei lavoratori appartengono alla scuola. E si sono legati al dito il non aver approvato dei provvedimenti utili a calmierare l’elevazione dei requisiti (se si esclude l’Ape social, riservata ai maestri dell’infanzia). Perseverare su quella strada, fino all’ultimo, li manterrebbe lontani. Cambiare politica, anche se tardivamente, gli permetterebbe (forse) di recuperarne una parte.
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