La Lega punta su revisione iniziale del fisco, ma senza intervento sull’Irpef, e abbattimento della riforma Fornero; il M5S sull’avvio del reddito e sulla pensione di cittadinanza. Sono i punti essenziali che i partiti di maggioranza hanno imposto nella realizzazione della Legge di Bilancio di fine 2018: la sua consistenza, nel frattempo, è salita quasi a 30 miliardi di euro.
“I leghisti – secondo quanto viene riferito e riportato dall’Ansa – punterebbero a dedicare la loro dote quasi interamente alle pensioni, visto che le risorse per il pacchetto fisco verranno in gran parte dalla rimodulazione di incentivi esistenti alle imprese. È ancora in corso la stima delle risorse necessarie per introdurre ‘quota 100’ con 62 anni di età, accompagnata da quota 41 e mezzo di contributi senza limiti anagrafici, e molto dipenderà dai paletti che saranno (o meno) introdotti – ad esempio se nel calcolo si potranno comprendere o meno, e in quale entità, gli eventuali anni di contributi figurativi”.
Il vicepremier Matteo Salvini nei giorni scorsi ha confermato la quota 100 già a 62 anni, ma si tratta di un obiettivo davvero difficile da raggiungere: gli economisti della Lega avrebbero individuato, per le coperture, almeno 2,4 miliardi recuperabili nel sistema previdenziale, attraverso meccanismi che vengono definiti “accorgimenti tecnici”.
Solo che allargare la platea dei beneficiari della pensione anticipata di cinque anni, rispetto al diktat dei 67 anni imposto dalla Fornero e dalle crescenti aspettative di vita, costerebbe molto di più: poiché a beneficiarne sarebbe almeno il doppio, forse anche il triplo, i costi potrebbero proiettare il fabbisogno da meno di 5 miliardi fino a 15-20. Quindi si quadruplicherebbero.
L’impressione è che i prossimi giorni saranno decisivi per trovare le coperture oppure per rassegnarsi ad una quota 100 che, con il limite dei 64 anni, scontenterebbe tanti lavoratori.
Al Governo lo sanno bene: “Salvini rappresenta delle istanze. Il ministro (Tria ndr) sta valutando un discorso 64-36 quota 100 e poi vedremo quali saranno le applicazioni. Qui si studia. Si studia in maniera seria”, ha detto Lorenzo Fioramonti, sottosegretario all’Istruzione ospite di Agorà su RaiTre, commentando proprio la proposta avanzata da Salvini.
Perplessità giungono anche da partiti che non sono al Governo. Come Emma Bonino, che sulla pagina Facebook di +Europa, ha scritto: “L’Italia è già oggi il paese che più spende in pensioni, dopo la Grecia. Lo dimostrano i dati dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli”.
“La proposta del vicepremier Salvini, che consentirebbe di mandare in pensione gli italiani a quota 100 dopo i 62 anni, costerebbe fino a 13 miliardi in più solo per il 2019. Soldi che si aggiungerebbero agli oltre 200 miliardi che l’Italia già spende ogni anno in pensioni. Si tratterebbe dell’ennesima tassa sui giovani e sul futuro e di un uso del bilancio pubblico per comprare consenso”, ha concluso Bonino.
Non cambia parere l’economista Carlo Cottarelli, secondo il quale la riforma pensioni e il reddito di cittadinanza “sono cose che non ci possiamo permettere. Qualche aggiustamento sulle pensioni e sul reddito d’inclusione – ha detto al Mattino – si può fare ma spendere 10 miliardi l’anno è troppo rischioso per l’Italia. Per la tenuta dei conti”.
“Quando il governo ha dato messaggi più rassicuranti – aggiunte l’ex responsabile della spending review nazionale – lo spread è sceso. E potrebbe scendere ulteriormente. Questo dimostra che non c’è una congiura internazionale contro il governo giallo-verde ma solo l’attenzione dei mercati verso un Paese con i conti in bilico”.
Chi avalla la riduzione drastica dei requisiti pensionistici è invece ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, del Pd: “Persino Salvini si è accorto che Quota 100, che parte dai 64 anni di età, non va bene e noi siamo d’accordo su una partenza da 62 anni”, ha detto.
Per Damiano, , “i dati sull’incidenza della spesa pensionistica sul Prodotto interno lordo, che collocano il nostro Paese tra i più dispendiosi, sono falsi”.
Su queste vere e proprie bugie e sul rigonfiamento dei conti si basano i continui attacchi al sistema previdenziale e i pregiudizi circa la sacrosanta idea del superamento della legge Fornero”.
“L’Italia – continua il democratico – è perfettamente allineata con il resto dell’Europa, basta fare bene i conti. Se si scorpora dal costo della previdenza quello dell’assistenza e le tasse sulle pensioni, che ammontano a più di 40 miliardi di euro all’anno, si passa dal 16% al 12% dell’incidenza delle pensioni sul Pil”.
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