La riforma Fornero verrà rivista, ma non stravolta. Prendono sempre più consistenza le anticipazioni della Tecnica della Scuola, sull’impossibilità di introdurre una ‘quota 100’ pura, senza vincoli.
‘Quota 100’ si farà, ma serviranno almeno 64 anni di età anagrafica e 36 anni di contributi versati, un paletto che lascerà fuori tantissimi lavoratori (che sui social, avendo capito l’intenzione, non nascondono la loro delusione).
Alla fine, hanno prevalso i limiti finanziari, come del resto sempre sostenuto dal presidente Inps, Tito Boeri: basta dire che anche la ‘quota 100’ con doppio vincolo (64 + 36) costituisce una manovra che da sola, comunque, costerebbe circa già 4 miliardi.
Nel frattempo, si riducono sempre più le possibilità di attuazione di ‘quota 41’, composta solo da contributi versati: in questo caso, i costi sarebbero davvero eccessivi (perchè sarebbero moltissimi a fruirne, a partire dai docenti che hanno iniziato presto e possono contare sul riscatto della laurea) sembra che anche un innalzamento di sei mesi o un anno (quindi si passerebbe a ‘quota 42’) non sia sostenibile per le casse dello Stato. Almeno nella prossima legge di Bilancio.
Questo è lo stato di cose ad oggi: l’ultima speranza, per i pensionandi che rimarrebbero tagliati fuori da tali prospettive, almeno 100mila solo nella scuola, è che i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che sull’abbattimento della Legge Fornero hanno costruito molto della loro campagna elettorale, ribandendolo nel ‘contratto di governo’, possano riuscire in un miracolo di fine estate.
I sindacati, comunque, hanno capito dove si andrà a parare. E per questo chiedono garanzie per altre vie d’uscita. Per questo, hanno chiesto un incontro al ministro del Lavoro, specifico per discutere le possibili scelte da compiere in materia previdenziale.
“Occorre che il Governo apra ai primi di settembre in vista della predisposizione della legge di Bilancio un confronto con il sindacato sul tema delle pensioni”, a partire da “nuove regole di accesso più flessibile al pensionamento“, ha detto il segretario Confederale della Cisl Ignazio Ganga, responsabile della previdenza.
Tra i punti citati dal sindacalista, anche “l’individuazione di ulteriori professioni che per loro gravosità dovranno prevedere deroghe alle norme sull’aspettativa di vita; la necessità di predisporre una formula a sostegno della previdenza dei più giovani; la valorizzazione del lavoro di cura, in considerazione del cambiamento in atto nel Paese delle condizioni epidemiologiche e sociali che incidono sull’invecchiamento della popolazione; il tema del riadeguamento al costo della vita delle pensioni in essere, prevedendo per le stesse una reale azione perequativa; la riproposizione a sostegno dei lavoratori esodati di una nuova salvaguardia, unitariamente alla proroga della cosiddetta ‘opzione donna’ che, pur non trovando riscontro nel ‘contratto del governo del cambiamento’, dovranno essere ricompresi nelle misure della prossima legge di Bilancio”.
Intanto, si comincia a delineare il quadro dei tagli alle pensioni sopra i 4mila euro. “Saranno almeno 158 mila i pensionati d’ oro su cui interverremo. Che negli anni hanno preso e continuano a prendere molto più di quanto hanno versato. E che, in media, sono andati in pensione a 61,6 anni. Ovviamente la misura riguarda solo chi percepisce pensioni non giustificate rispetto ai contributi versati. Chi ha un regime contributivo, non viene minimamente toccato”.
A dirlo, in una intervista al Messaggero Francesco D’ Uva, capogruppo alla Camera dei 5Stelle e firmatario del disegno di legge per intervenire sulle pensioni d’ oro.
La misura – che non dovrebbe portare più di 200 milioni di risparmi – sarà inserita in manovra o in un collegato: “E’ un progetto di legge a parte. A firma mia e del capogruppo della Lega. Quello che posso dire è che, vista l’importanza della legge, faremo in modo di garantire un iter accelerato a Montecitorio. Anche in considerazione del fatto che è stato scritto un articolato snello. Lavoriamo per un’approvazione alla Camera prima della sessione di bilancio”.
“Tutto quello che tagliamo e risparmiamo lo vogliamo redistribuire a vantaggio delle pensioni minime e di quelle sociali. Togliamo un privilegio, restituiamo un diritto”, ha concluso D’Uva.
Infine, del tema pensioni parla anche il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana: ha detto, in un’intervista al Foglio, che se non otterrà nella legge di Bilancio “fondi sufficienti per famiglie e disabili”, farà “un passo indietro”.
“Chiedo risorse non per il ministero ma per dossier specifici. In Italia ci sono quattro milioni di disabili che, includendo le famiglie, salgono a dieci milioni di persone. I fondi contro le barriere architettoniche vanno aumentati, il diritto all’istruzione universitaria e allo sport vanno resi effettivi. Gli invalidi civili percepiscono una pensione di 280 euro mensili, una miseria se paragonata ai soldi destinati agli alloggi alberghieri dei richiedenti asilo“.
Invertire la curva discendente della natalità “E’ una priorità assoluta. Ho constatato la sensibilità del vicepremier Luigi Di Maio con il quale intendo lavorare a misure che incentivino il lavoro delle mamme. Troppo spesso una gravidanza comporta la rinuncia alla carriera”, ha spiegato Fontana.
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