Ha riscosso consensi più politici che sindacali la protesta della Cgil del 2 dicembre: ai cortei di Roma, Torino, Bari, Palermo e Cagliari, c’erano rappresentanti di Mdp, Sinistra italiana e Possibile, di Campo progressista e Rifondazione comunista. Mentre le manifestazioni sono state disertate dagli altri sindacati: non c’erano nemmeno quelli più vicini della Cisl e Uil.
In effetti, scendere in piazza a dicembre, a pochi giorni dal voto definitivo della Legge di Bilancio, sembra un’operazione senza grandi prospettive di risposta. Almeno nel breve periodo. Ancora di più perché i finanziamenti per supportare le richieste del primo sindacato italiano non sembrano davvero esserci.
La Cgil, comunque, il suo messaggio lo ha comunque mandato: il Governo, ha detto la segretaria generale Susanna Camusso a Roma, ha “disatteso gli impegni” sulla previdenza. Serve quindi una “svolta” su pensioni, lavoro e giovani: se non arriverà, ha sottolineato, sarà “mobilitazione generale”.
Riferendosi all’innalzamento della soglia per accedere alla pensione di vecchiaia, che nel 2019 salirà a 67 anni, la leader sindacale ha detto che bisogna cambiare “una legge profondamente ingiusta”: va fermato il meccanismo automatico sull’innalzamento dell’età pensionabile legato all’aspettativa di vita, che proietta l’Italia, “unico Paese al mondo”, ad una rincorsa “continua, eterna”.
A Palermo ha riscosso consensi Maurizio Landini, ex numero uno Fiom ed attuale segretario nazionale della Cgil: “Abbiamo presentato un anno e mezzo fa una piattaforma sulle pensioni non abbiamo ottenuto quei risultati e il governo che doveva passare alla fase due non l’ha fatto. Un sindacato degno di questo nome quando chiede delle cose e non le ottiene deve manifestare”, ha detto.
Intanto, però, a questo appuntamento la Cgil si è presentata sola. Ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulle divisioni dei Confederali e alle dichiarazioni del leader della Uil, Paolo Barbagallo, secondo cui la manifestazione della Cgil è contro un governo che ormai non c’è più, Landini ha replicato: “Diciamo con chiarezza che non va. Ci rivolgiamo al parlamento per chiedere dei cambiamenti. Qui c’è un problema che riguarda il governo che verrà, perché dire oggi che il problema delle pensioni resta aperto vuol dire che qualsiasi governo che verrà deve modificare la legge Fornero e fare i conti con il movimento sindacale”, ha concluso Landini.
Una cosa è poi certa: le divisioni sindacali non solo indeboliscono i sindacati, ma rischiano di compromettere anche i risultati sinora centrati, come il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici sulla base degli 85 euro medi di aumento a lavoratore.
Le modifiche alle norme di accesso pensionistico, chieste dalla Cgil, riguardano solo alcune tipologie di lavoratori.
Dopo aver ricordato della necessità di aprire alle deroghe sui requisiti pensionistici ad altre categorie di lavoratori, particolarmente stressati, la Camusso ha parlato dello sciopero dei lavoratori di Amazon (che “hanno squarciato un velo sulle condizioni vere di lavoro”) e del licenziamento da parte dell’Ikea di “Marika” (“non può avere un turno che concili le esigenze familiari!”), della stabilizzazione di tutti i 18 mila ex Lsu che operano come ausiliari scolastici (non solo di alcune centinaia di Palermo) e dei precari della ricerca (“bisogna mettere le risorse”) fino alla vertenza della modenese Castelfrigo.
Dei dipendenti della scuola non si parla. Ai docenti costretti a fare lezioni frontali ad alunni di 60 anni più giovani, non si fa alcun cenno. Come non si parla degli insegnanti della scuola pubblica: la categoria professionale più soggetta patologie del sistema nervoso, con una netta prevalenza delle forme nevrotiche. Manifestando sintomi come esaurimento psicofisico, perdita di concentrazione, amnesie, insonnia, mal di testa, irritabilità, aggressività.
Il fenomeno non è solo italiano: anche in Germania, sono i lavoratori che fruiscono di meno giorni di malattia, ma si ammalano maggiormente di patologie psicologiche e psichiatriche.
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