Gli assegni di pensione diventano sempre più piccoli: lo prevede la bozza della Legge di Bilancio 2024 presto in discussione in Parlamento. Non solo, quindi, si introducono penalizzazioni per chi chiede di andare in pensione prima del tempo (arriva Quota 104 con 41 anni di contribuzione e tagli maggiori a chi anticipa l’uscita dal lavoro), ma dal 2024 arriva anche un importante danno economico per chi lascerà il lavoro seppure con l’età anagrafica massima.
La denuncia è dei sindacati maggiori, che hanno visionato l’articolo della manovra di fine 2024 che prevede la revisione delle aliquote di rendimento previdenziali per le pensioni liquidate dal prossimo anno, delle quote di pensione retributive in alcune gestioni previdenziali del comparto pubblico e più precisamente degli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) e a favore degli iscritti alla cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori (CPUG).
“L’esecutivo con la prossima Legge di bilancio riuscirà a peggiorare la Legge Monti-Fornero del 2012 e a sottrarre dalle tasche dei dipendenti pubblici – futuri pensionati, migliaia di euro”, denunciano Cgil, Fp e Flc (le due sigle di categoria della funzione pubblica e della scuola), che stimano “tagli pesantissimi”.
Da un’analisi della sola Cgil, che ha preso a riferimento tre diverse retribuzioni annuali (30.000 – 40.000 – 50.000) per comprendere – a seconda dell’anzianità retributiva maturata – quanto potesse essere il taglio della quota retributiva, emerge che “con anzianità retributiva di un anno si può raggiungere con 30.000 euro di retribuzione, un taglio di 6.586 euro, per 40.000 di 8.782 euro e per 50.000 di 10.978 euro”.
Per chi può vantare più anni di contributi, invece, il taglio diminuisce, ma non troppo. Prendendo a riferimento una pensione di vecchiaia con decorrenza nel 2024 con 67 anni età e 35 anni di contribuzione, in questo caso il taglio può raggiungere, rispettivamente per retribuzioni da 30.000, 40.000 o 50.000, un taglio di 4.432 euro, 5.910 euro o 7.387 euro.
Ciò significherebbe, prosegue l’analisi del sindacato, calcolando tale impatto sull’attesa di vita media, un taglio cumulato che potrà raggiungere per i casi sopra evidenziati, con retribuzione pari a 30.000 euro (una cifra vicina a quella dei docenti e Ata pensionati della scuola) un minor guadagno pari ad oltre 70 mila euro con 40.000 euro di retribuzione, un minor guadagno pari a quasi 95 mila euro, con una retribuzione da 50.000 euro un minor guadagno pari a oltre 118 mila euro.
Per i sindacati, l’Esecutivo Meloni non fornisce “risposte a giovani, donne e pensionati”, mentre decide “di fare cassa sulle pensioni dei pubblici – proseguono Cgil, Fp e Flc – e anche per questo motivo le ragioni della nostra mobilitazione si rafforzano a partire dagli scioperi già proclamati nelle prossime settimane”.
Anche l’opposizione politica esprime il suo sdegno. Dalla “manovra finanziaria del governo Meloni, ogni giorno è più chiaro che fa cassa sugli attuali pensionati e su quelli futuri”, denuncia la senatrice del Partito democratico Annamaria Furlan.
Secondo l’ex sindacalista, segretaria generale Cisl, “il quadro che emerge è drammatico: si allunga età pensionabile, i pensionati sono sempre più poveri, e si registra un accanimento speciale per le lavoratrici ed i lavoratori pubblici, i giovani disoccupati ed i precari”.
“Con questa programmazione economica ci attende un futuro a tinte scure – sottolinea la senatrice Pd -. In manovra infatti non c’è nulla sulla crescita, sugli investimenti green e digitali delle imprese, zero sulla scuola e sul rilancio del Mezzogiorno. Soprattutto, e mi sembra un tema decisivo guardando al futuro, non c’è una pensione di garanzia per i giovani”.
Furlan è un fiume in piena: “Quello che troviamo ben in evidenza sono i tagli. Tagli all’indicizzazioni delle pensioni, penalizzazioni economiche per quota 103, 8 miliardi di tagli alle future pensioni dei lavoratori pubblici, un ulteriore peggioramento di opzione donna. E ancora tagli ai comuni, alla sanità, ai servizi sociali”.
In Parlamento, però, non tutti la pensano allo stesso modo. Il deputato di Più Europa Benedetto Della Vedova sostiene che “questo Governo, alla ricerca di qualche titolo rassicurante per gli elettori” continua “a porre come obiettivo politico i prepensionamenti”, ma “è l’opposto di quello che andrebbe detto e fatto nell’interesse dell’Italia“.
“Usare la denatalità come arma propagandistica a favore della ‘famiglia tradizionale’ è pura demagogia. La crisi demografica va affrontata rafforzando e non minando la sostenibilità del sistema previdenziale, agevolando la genitorialità di tutti i tipi di famiglia, mettendo fine alle retorica reazionaria che penalizza le coppie LGBTI+ istituendo il reato universale per la GPA e con una robusta e lungimirante politica di apertura all’immigrazione, fatta di legalità e integrazione”.
Secondo Della Vedova, “se la prospettiva è quella di un paese chiuso e ostile alla modernità, carico di debiti che peseranno sui più giovani, che si preoccupa delle pensioni più che di garantire ai giovani laureati stipendi adeguati, protesi alla difesa delle rendite sarà sempre più difficile incentivare le nascite di giovani italiani che avrebbero tra vent’anni come migliore prospettiva quella di emigrare”.
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