Lunedì 10 febbraio 2020: memorizzi questa data chi è interessato a lasciare il lavoro prima dei 67 anni imposti dalla legge Fornero o dei 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) fatti solo di contributi.
Quel giorno, infatti, al ministero del Lavoro saliranno i sindacati per parlare specificatamente di flessibilità in uscita e quindi di come evitare il ritorno allo scalone (a 67 anni) una volta esaurita ‘Quota 100’ introdotta dal Governo M5S-Lega e destinata a finire con il 2021 (perché oltre che ad essere onerosa, ha favorito gli uomini e i lavoratori pubblici che hanno avuto carriere continue).
Le premesse che scaturisca una norma condivisa ci sono: nell’incontro preliminare del 27 gennaio, si è giunti infatti alla conclusione che entrambe le parti – sindacati e Governo – vogliono superare la legge Monti-Fornero (e anche quella Sacconi, visto che i parametri peggiorativi derivavano da lì).
I sindacati continuano a chiedere un pensionamento flessibile a partire dai 62 anni: aprire alla possibilità di uscire a quell’età, proprio come accade oggi con ‘Quota 100’, per poi fare scegliere ad ogni lavoratore se accontentarsi di un assegno più “magro” oppure stringere i denti per ancora qualche anno.
Chi guida il Paese, però, deve far quadrare i conti. E siccome intende spendere molto meno di quanto hanno deciso grillini e leghisti con ‘Quota 100’, l’esecutivo spinge per aumentare l’età minima: ecco perché insiste a spostarla a 64 anni.
Una variazione (che comunque anticiperebbe di tre anni la soglia d’accesso della Fornero) che dimezzerebbe la spesa: secondo l’esperto di previdenza Alberto Brambilla, il costo si aggirerebbe sui 2,5 miliardi l’anno, mentre secondo il bilancio preventivo dell’Inps per il 2020 il rimborso a carico della fiscalità generale per le erogazioni di Quota 100 viene fissato a 5.274 milioni di euro.
Ma, a quel punto, dovrebbe scendere con gli anni di contributi, perché se rimanessero 38 la quota si sposterebbe a ‘102’ e difficilmente i lavoratori l’accetterebbero come un miglioramento.
Si però i sindacati non dovessero mollare, nell’insistere per lasciare la porta aperta prima dei 64 anni d’età, allora il Governo avrebbe pronto il piano B: quello di far calcolare l’assegno della pensione interamente col contributivo.
In questo modo, “lo Stato – spiega l’Ansa – avrebbe costi più alti in prima battuta ma poi risparmierebbe nel tempo perché le pensioni ottenute sono legate ai contributi versati e più basse di quelle calcolate con una parte di retributivo”.
Si tratterebbe, in pratica, di una ‘Opzione donna’ aperta a tutti, con un taglio secco medio del 30% dell’assegno.
Sino a marzo si tratterà. Poi si farà la verifica politica. Intanto, la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, si compiace per l’esito dell’incontro di fine gennaio: “abbiamo stabilito un calendario. Dobbiamo dare stabilità”.
Parlando di ‘Quota 100’, ha quindi spiegato che “la sperimentazione si chiude”, mentre su cosa dobbiamo aspettarci dal 2022 ha detto che “dipenderà dalle risorse”.
La ministra ha quindi detto che il fine è quello di “arrivare a settembre con le idee chiare sulle proposte in campo in tempo per la nota di aggiornamento del Def e per poi proseguire con la legge di Bilancio”.
Oltre alla “flessibilità maggiore in uscita”, bisogna “ragionare sul lavoro discontinuo, affrontare il tema della pensione di garanzia per i giovani”, ha sottolineato.
Per capire fino a dove ci si potrà spingere, sono tre le commissioni che si è deciso di allestire: una sulla separazione tra previdenza e assistenza, una seconda sui lavori gravosi e l’ultima sull’impatto delle misure per garantire la flessibilità in uscita. “.
Anche secondo Maurizio Landini, leader della Cgil, “si è avviato un confronto, una trattativa vera: l’obiettivo non è un aggiustamento della legge Fornero ma la revisione”.
Il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra, ha detto che serve un “patto tra le generazioni” introducendo regole che siano stabili per 10/15 anni.
Il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, ha ribadito che per fare la riforma ci vogliono risorse economiche e che il sindacato si batterà perché ci siano.
Poi Barbagallo ha aggiunto: “È importante capire come sono composte e qual è il mandato delle Commissioni, in particolare quella per l’individuazione dei lavori usuranti e gravosi”. Molti docenti italiani, i più vecchi d’Europa e tante prossime maestre-nonne, sperano che la loro professione venga annoverata in quella lista, così da permettere di lasciare anche con quattro anni di anticipo e con pochi euro di tagli sull’assegno di pensione. Tutto dipende dalle risorse…
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