Uno dei temi più dibattuti in questo primo scorcio di nuova legislatura è il tema delle pensioni. M5S e Lega sono compatte: bisogna superare l’attuale legge Fornero, dunque attuare una contro-riforma. Il via libera quota 100, così come già segnalato da La Tecnica della Scuola, si confermerebbe con il vincolo dei 64 anni.
Attualmente, però, come si va in pensione? Quanti anni di contributi servono?
Con le attuali regole per la pensione di vecchiaia sono richiesti 66 anni e 7 mesi di età (più 20 anni di anzianità contributiva) che dal prossimo anno aumenteranno a 67 anni a causa dell’adeguamento con l’aumento delle aspettative di vita rilevato dall’Istat
Per la pensione anticipata, invece, non viene indicata alcuna età anagrafica poiché è sufficiente aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini) o 41 anni e 10 mesi (per le donne). Anche il requisito contributivo della pensione anticipata subirà una variazione dal 1° gennaio 2019 quando per smettere di lavorare bisognerà aver maturato 43 anni e 3 mesi (uomini) o 42 anni e 3 mesi (donne).
Il 4 aprile 2018 l’Inps ha pubblicato la circolare n.62 che fissa l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita.
PENSIONE DI VECCHIAIA
PENSIONE ANTICIPATA
PENSIONE ANTICIPATA PER I LAVORATORI PRECOCI
Per il biennio 2019-2020, i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto a pensione con il sistema delle c.d. quote possono conseguire tale diritto ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e di un’età anagrafica minima di 62 anni, fermo restando il raggiungimento di quota 98, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, ovvero di un’età anagrafica minima di 63 anni, fermo restando il raggiungimento di quota 99, se lavoratori autonomi iscritti all’Inps
Ad oggi si può andare in pensione anche con meno anni di lavoro: per la pensione di vecchiaia sono sufficienti 20 anni di contributi versati, ma a fronte di un’età anagrafica di 66 anni e 7 mesi (67 anni dal 2019).
L’Ape Sociale permette a disoccupati, invalidi civili al 74% e persone che assistono parenti di primo grado, se disabili gravi, di smettere di lavorare dopo 30 anni (ma con almeno 63 anni compiuti). Per i lavori gravosi, invece, sono richiesti 36 anni di contributi.
Con l’Ape Volontario, invece, si finisce di lavorare con 20 anni di contributi, purché si sia a meno di 3 anni e 7 mesi dal raggiungimento della pensione di vecchiaia.
Con l’Ape Volontario però non si va subito in pensione: nei 3 anni e 7 mesi che precedono la pensione, infatti, il lavoratore percepirà un prestito erogato da un istituto di credito che poi verrà ripagato con decurtazione sulla successiva pensione.
Chi potrebbe guadagnarci o chi perderci nel 2019 rispetto alla situazione attuale:
Impiegato statale nato nel 1955 e a lavoro dal 1982 ci guadagna: potrebbe andare in pensione nel gennaio 2019, a 64 anni con 37 anni di contributi. Con le regole attuali resterebbe invece al lavoro fino al 2022, uscendo dopo i 67 anni di età dato che dovrebbe esserci un nuovo scatto per l’aspettativa di vita.
Una donna disoccupata nata nel 1956, ma anche lavorato per 30 anni, fino al 2015, ci perde. Se l’Ape social continuasse nel 2019 potrebbe chiedere a 63 anni e 5 mesi di avere il sussidio. Con le nuove regole in arrivo, non avendo i contributi necessari alla quota 100 potrebbe dover aspettare 67 anni andando quindi nel 2023 (a questo andrà aggiunta la nuova aspettativa di vita nel 2021 e nel 2023).
Se dovesse essere questa la strada per superare le rigidità della legge Fornero, nella scuola gli insegnanti che potrebbero arrivare alla pensione nel 2019 sarebbero 100 mila, il 400% in più rispetto alla legge promulgata dal governo Monti nel 2011.
Secondo una stima fatta da Italia Oggi, dal 1° settembre 2019, a normativa previdenziale vigente, i docenti e il personale Ata che al 31 dicembre 2019 potranno fare valere i requisiti anagrafici e/o contributivi richiesti per accedere sia alla pensione di vecchiaia che a quella anticipata potrebbero essere rispettivamente tra 20 e 25mila e tra 7 e 8mila.
Uscite importanti, con le quali si potrebbe creare lo spazio per sostanziose immissioni in ruolo nell’immediato futuro.
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