Durante l’informativa del 9 ottobre tra Miur, Inps e sindacati, il ministero ha comunicato alle parti di aver inviato all’Ente di previdenza l’elenco dei lavoratori della scuola nati dal 1952 al 1957 e si è, anche, impegnato a predisporre una circolare con l’Inps, per stabilire le date sia per la presentazione delle domande, prevedendo un anticipo rispetto allo scorso anno, sia per la verifica dei requisiti da parte dell’ente.
L’Amministrazione si è dichiarata disponibile a rivedere il sistema informatico e ha invitato le organizzazioni sindacali ad inviare proposte.
Il 4 aprile 2018 l’Inps ha pubblicato la circolare n.62 che fissa l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita.
Ad oggi, è bene ricordare, dal 1° gennaio 2019, quindi, si andrà in pensione più tardi.
L’aumento dell’età pensionabile, però, non sarà valido per tutti. Ci sono delle categorie di lavoratori, infatti, che potranno accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi, purché però abbiano maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni (e non 20).
Si tratta dei lavoratori che per almeno metà della abbiano svolto un’attività considerata usurante, tra cui ricordiamo gli insegnanti della scuola dell’infanzia, cioè i lavoratori che lavorano nel sistema integrato 0-6.
Risulta indispensabile ricordare, che non basta avere svolto un lavoro usurante per ottenere la pensione anticipata, ma bisogna avere un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e avere 61 anni e 7 mesi.
Inoltre tali lavoratori devono avere almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa, compreso l’anno di maturazione dei requisiti, per le pensioni che hanno decorrenza entro il 31 dicembre 2017 e almeno la metà della vita lavorativa per le pensioni con decorrenza dall’1 gennaio 2018 in avanti.
Il governo Conte, però, punta a modifiche del sistema.
Ecco un riepilogo in tema di previdenza:
QUOTA 100 si potrà andare in pensione a 62 anni avendo però almeno 38 anni di contributi. Il numero minimo di contributi sarà lo stesso anche a un’età più avanzata, quindi se si esce a 66 anni e 38 anni di contributi lo si farà con quota 104. La quota sarà ancora più alta se si sono maturati più anni di contributi ma non abbastanza per accedere alla pensione anticipata. Si potrà arrivare a 109 se si hanno quasi 67 anni di età e quasi 42 e 10 mesi di contributi.
PENSIONE VECCHIAIA: si andrà a riposo con 67 anni di età e minimo 20 di contributi, così come previsto attualmente per il 2019, ma si studia il blocco dell’aspettativa di vita per gli anni successivi (invece di rivedere l’età ogni due anni collegandolo alla speranza di vita).
PENSIONE ANTICIPATA: l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica sarà possibile anche l’anno prossimo con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne) senza ulteriori incrementi della speranza di vita. Si studia però l’abbassamento a 42 anni (41 per le donne) anche se sarà difficile che l’opzione passi.
APE SOCIALE: la misura del precedente Governo per un reddito ponte per gli over 63 in condizione di bisogno (disoccupati con almeno 30 anni di contributi, lavoratori con lavori gravosi, tra i quali figurano anche le operatrici dei nidi e le maestre della scuola d’infanzia, però con almeno 36 anni di contributi) che sarebbe scaduta a fine anno sarà prorogata fino alla fine del 2021.
OPZIONE DONNA: Si lavora all’estensione della cosiddetta “opzione donna” ma il requisito iniziale (oltre alla finestra di un anno e all’aspettativa di vita) dovrebbe aumentare di un anno passando da 57 a 58 anni (59 per le autonome). Di fatto la possibilità di uscire ricalcolando tutti i propri contributi con il metodo contributivo sfiorerà per le lavoratrici dipendenti i 60 anni (58 anni, più un anno di finestra mobile più sette mesi di aumento di aspettativa di vita) avendo almeno 35 anni di contributi.
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