Riceviamo e pubblichiamo un intervento interessante di un nostro lettore, Giuliano Coan, esperto in diritto previdenziale, in cui spiega il meccanismo del riscatto della laurea ai fini pensionistici.
Cosa bisogna sapere
In materia previdenziale le idee invece di chiarirsi s’ingarbugliano sempre di più ingenerando sfiducia e confusione tra i lavoratori. Poi talvolta le notizie sono approssimative, incomplete e conseguentemente fuorvianti. Non ultimo si è scritto e suggerito che non conviene assolutamente riscattare la laurea ai fini pensionistici. Si rileva la necessità di un’informazione corretta e ci dobbiamo muovere senza cedere alla facile demagogia.
Delucidiamo il riscatto del corso legale di laurea ai fini della pensione
Riscatto vuol dire aggiungere alla posizione assicurativa un periodo privo di contribuzione che torna utile in linea generale, per andare in pensione prima (diritto) con un trattamento più favorevole (misura.)
In base alla riforma del welfare-legge 247/07 in vigore dal 1° gennaio 2008, si sono allargati i vantaggi in materia di riscatto dei corsi universitari di studio, rispetto alle norme più restrittive della legge Dini del 1995 rese applicative dall’art. 2 del decreto legislativo n. 184/1997.
Per determinare quanto occorre versare per coprire con i contributi il riscatto di laurea, l’Istituto Previdenziale effettua un vero e proprio calcolo simulato di quello che sarebbe, una volta riscattato il periodo di studi, l’importo di pensione cui avrebbe diritto l’interessato e lo confronta con quello determinato senza il riscatto.
Per questo motivo l’importo della somma da versare per il periodo di laurea non è uguale per tutti, essendo diverso da caso a caso in rapporto a fattori variabili quali l’età del richiedente (più si è “vecchi” più si paga), il periodo da riscattare, dal numero delle settimane accreditate al momento della domanda di riscatto e dalla retribuzione rapportato al periodo da acquisire.
Maggiore è la retribuzione, più elevata è la contribuzione, quindi maggiore sarà la pensione successivamente liquidata e perciò più “pesante” il costo del riscatto.
La base matematica per la definizione del costo di un riscatto tiene conto dei predetti fattori, in conformità a rilevazioni demografico-previdenziali e alla cosiddetta riserva matematica.
Con questo termine tecnico s’intende la quantità di denaro necessaria per coprire il maggior impegno finanziario che l’Istituto previdenziale dovrà sostenere per corrispondere la pensione di maggior importo derivante dall’aumento dell’anzianità assicurativa prodotta dal riscatto.
Si può riscattare il corso legale di laurea a condizione che si sia ottenuto il titolo di studio (compresa la laurea conseguita all’estero se riconosciuta da un’università italiana), nonché i periodi di corsi professionali post-maturità.
A seguito del dettato introdotto dal decreto legislativo 184 del 30 aprile 1997, in vigore dal 12 luglio 1997, sono riscattabili anche, sempre che non siano coperti da contribuzione, i periodi corrispondenti alla durata dei corsi di studio universitario a seguito dei quali siano stati conseguiti:
i diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a due anni e non superiore a tre);
i diplomi di specializzazione;
i dottorati di ricerca, successivi alla laurea di durata non inferiore a due anni.
Sono, invece, esclusi i periodi d’iscrizione fuori corso e quelli già coperti da contribuzione obbligatoria.
Se il periodo corrispondente al corso legale di laurea (iscrizione e fine), si colloca temporalmente nella posizione assicurativa precedente al primo gennaio 1996, si applica l’istituto del sistema retributivo.
L’aggiunta degli anni universitari può essere strategica per il calcolo della pensione con il sistema retributivo in genere più conveniente, il cui riferimento sono le retribuzioni godute nell’ultima parte del periodo d’attività, anziché con il sistema contributivo che considera l’ammontare dei contributi effettivamente versati nella vita lavorativa.
In quest’ultimo caso il contributo di riscatto si somma al montante contributivo che alla cessazione si moltiplica per il coefficiente di trasformazione.
Per chi andrà in pensione con il sistema contributivo, il discorso è diverso per quanto concerne il calcolo.
Non si fa più, infatti, riferimento ai coefficienti di cui abbiamo parlato e il costo del riscatto sarà calcolato per ciascun anno applicando alla retribuzione lorda dell’interessato la normale aliquota contributiva vigente nel singolo periodo.
Per i periodi di studio che si collocano, quindi, (con le stesse date d’inizio e fine) dopo il 31.12.1995, il calcolo è fatto sulla base dello stipendio percepito nell’ultimo anno a ritroso dalla data della domanda di riscatto.
Ad esempio:
Data domanda 17.04.2016
Corso laurea: 4 anni
Reddito annuo: 18.000 euro (dal 16.04.2015 al 15.04.2016)
Costo del riscatto: 33.00 % (aliquota contributiva per i dipendenti statali) di 18.000 = 5.940 x 4 = euro 23.760.
L’onere al netto del beneficio fiscale si attesterà a circa 16.700 euro
La laurea riscattata oltre ad incidere sempre sulla misura, indistintamente per ogni tipologia di pensione, ha valore ai fini del raggiungimento dei requisiti contributivi per l’accesso alla pensione anticipata, quindi si riduce l’attività lavorativa di un periodo pari a quello riscattato.
Per tutte le domande di riscatto presentate dal 1° gennaio 2008, l’onere può essere versato in unica soluzione oppure dilazionato in 120 rate mensili senza interessi.
E’ data la facoltà di chiedere il riscatto ancor prima di iniziare l’attività lavorativa dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza. I cosiddetti inoccupati.
In questo caso è stato fissato un contributo che fa riferimento al minimale imponibile per artigiani e commercianti (il 33% di 15.000 euro circa nel 2015) per ogni anno da riscattare.
L’onere complessivo nel 2015 per una laurea di 4 anni sarà d’euro 20.000.
Il contributo è versato all’Inps e sarà rivalutato annualmente secondo le regole del sistema contributivo e trasferito successivamente, a richiesta dell’interessato, nella gestione previdenziale presso la quale il soggetto si troverà iscritto all’atto dell’inizio dell’attività lavorativa.
Il contributo è detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato sia fiscalmente a carico nella misura del 19 per cento, e diventerà deducibile dall’imponibile fiscale qualora lo stesso percepirà un reddito personale tassabile.
Si rammenta che a seguito del decreto legislativo 47/2000 a far data dallo 01 .01.2001 i contributi previdenziali sono interamente deducibili. E’ un aspetto molto importante da tenere in considerazione nella stesura di un puntuale e compiuto piano economico di convenienza.
La deducibilità si traduce in un consistente risparmio tanto maggiore quanto più alto è il reddito e quindi il costo del riscatto si riduce considerevolmente.
Ogni lavoratore ha una propria posizione previdenziale individuale ed il riscatto influisce sostanzialmente sull’assegno pensionistico vitalizio con riflessi economici anche sull’assegno di reversibilità.
Indubbiamente per i giovani lavoratori che avranno una pensione calcolata interamentecon il sistema contributivo, la convenienza dell’operazione si è lievemente ridimensionata rispetto al sistema retributivo, ma rappresenta pur sempre un investimento seppur a lungo termine, certo, sicuro, da non sottovalutare anche se i ritorni possono essere visti assai lontani nel tempo.
Come si può costatare la tematica è complessa e delicata dagli sviluppi giuridici economici molto rilevanti ed importanti.
Tanto premesso, si raccomanda ai lavoratori che hanno titolo, di presentare immediatamente e sempre la richiesta di riscatto e prima di prendere una decisione sull’accettazione o meno della determinazione dell’Istituto Previdenziale (90 giorni dalla notifica), di analizzare compiutamente e attentamente, possibilmente con un esperto “neutrale” l’effetto che l’operazione comporta, con dati alla mano, sulla propria pensione di domani.
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